Ciao Maguey Plant, benvenuti su Music.it! Rompiamo subito il ghiaccio e diamo il via alla nostra intervista: raccontateci un aneddoto imbarazzante accaduto durante il vostro percorso musicale.
Ne avremmo tanti da raccontare, diciamo che non siamo “composti”. Quello che ci viene in mente sono le chiamate di Andrea la mattina per chiederci dove fossimo, ci stava aspettando davanti alla sala convinto che ci fossero le prove; un altro è accaduto nello scaricare la macchina al concerto per JazzMi: ci siamo accorti di non aver preso il charleston di Albi e quindi Dave ha attraversato la città due volte in 30 minuti per arrivare 2 minuti prima di iniziare; oppure Silvia che dopo i concerti gira a piedi nudi per i locali, una volta aveva anche una bottiglia di rosso in mano… insomma, non ci annoiamo mai!
Quando si sono formati i Maguey Plant e di chi è stata l’idea di creare questo progetto?
Maguey Plant sono nati ufficialmente nel 2018. L’idea è nata dopo un concerto in un locale a Milano, il Joy bar; era luglio e all’epoca Silvia Reale (voce), Andrea Dominoni (basso) e Dave Dicecca (chitarra) avevano formato un trio acustico con il quale riproponevano cover soul in versione acustica. Alla fine del live hanno preso la decisione di iniziare a scrivere brani inediti, ne sentivano l’esigenza. Di lì a qualche mese si è unito Alberto Biosa con la sua batteria ed è iniziata la nostra avventura! Nel frattempo, siccome faticavamo a trovare un tastierista che facesse il caso nostro, Silvia Reale, spinta da tutto il gruppo, ha iniziato a suonare anche le tastiere per completare il nostro sound.
Come definireste il vostro genere e quali sono gli artisti che hanno ispirato la vostra musica?
Il nostro genere prende ispirazione dal soul, dall R’n’B, dal funk; ma non ci piacciono le etichette, diciamo che quando scriviamo e componiamo non ci diamo limiti e seguiamo la corrente creativa. Di sicuro abbiamo delle figure di riferimento che ci ispirano quando suoniamo e creiamo: Erykah Badu, Anderson Paak, Robert Glasper, Jamiroquai, Stevie Wonder, Tom Misch, Marvin Gaye, per citarne alcuni.
Nonostante tutte le difficoltà del periodo che stiamo attraversando avete dato vita a “My World”, il vostro nuovo singolo. Raccontateci come nasce e cosa vi ha spinto a scriverlo.
“My World” è stato interamente scritto e composto senza vederci fisicamente, ma attraverso lunghe sessioni di videocall, telefonate e messaggi. Registrato con il metodo dell’home recording, mixato e masterizzato da Michele “Gas” Castagna, si distacca dalla concezione che abbiamo seguito in “‘Round 3”, il nostro primo album in cui tutto era suonato live. Abbiamo, infatti, sperimentato sonorità diverse per noi ed utilizzato delle percussioni elettroniche; alla chitarra acustica di Dave Dicecca e il basso di Andrea Dominoni, si sono unite sonorità elettroniche delle percussioni di Alberto Biosa, arricchite da suoni, violini pensati e arrangiati da Andrea Dominoni e dalle parti corali arrangiate da Silvia Reale che si susseguono durante tutto il brano.
E per quanto riguarda il video?
Abbiamo, poi, deciso di coinvolgere quasi quaranta cantanti della scena milanese per creare un coro virtuale che desse molto risalto al ritornello e alla coda finale: ogni cantante ha registrato la propria traccia con i mezzi che aveva a disposizione, è stato poi compito nostro editare e sovrapporle tutte. Unitamente alla creazione della traccia audio, abbiamo pensato di creare un video interamente girato con i cellulari da ogni musicista partecipante da casa propria e montato da Chiara Magrini.
Cosa potete dirci del testo?
Il testo, scritto da Silvia Reale e Andrea Dominoni, è un’esaltazione della forza data dall’amore che eleva lo spirito e permette il raggiungimento, la manifestazione della propria “ghianda” come la definisce James Hillman, ovvero della propria ragione di vita, il fuoco che brucia dentro ognuno di noi, il “Duende” come lo chiama Federico García Lorca. Il ritornello dice «we were born alone, but don’t forget it: there’s a reason to love» (siamo nati da soli, ma non dimenticartelo: c’è un motivo, uno scopo per amare), come a sottolineare che c’è sempre una spiegazione a tutto, che il nostro fuoco, la nostra “ghianda” si manifesta attraverso l’amore verso noi stessi che si irradia agli altri.
Molto interessante…
La canzone, che è una ballad dalle sonorità principalmente acustiche, si chiude con una sorta di mantra, un monito: «no matter what you dream, you were born and rasied free» (non importa quale sia il tuo sogno, sei nato e cresciuto libero); perché a prescindere da quale sia la tua natura, il tuo scopo sulla Terra, siamo tutti nati e cresciuti liberi dentro per permettere alla nostra natura di essere ed esprimersi; bisogna solo trovare il modo per metterci in contatto con essa perché a volte è sovrastata da pregiudizi, sovrastrutture, scarsa fiducia. Ma alla base ogni essere umano da bambino era liberamente in contatto con la propria interiorità e la seguiva senza chiedersi il perché e senza trovare degli scopi o delle motivazioni.
Quando è nato il testo di “My World”?
Questo testo è nato in questo periodo proprio perché si ha la fortuna di potersi scoprire, sconvolgere e guardarsi dentro; setacciare ciò che abbiamo dentro, chiedendosi davvero che cosa sia la realizzazione di noi stessi e cosa possiamo lasciare andare. È venuto spontaneo pensare che questo brano oltre a fare del bene a livello emotivo – che è un po’ il nostro obiettivo in qualità di musicisti – potesse fare del bene anche a livello pratico, concretamente, perché l’epidemia in corso sta mettendo in grave difficoltà tantissime famiglie e persone. Una realtà che conosciamo personalmente molto bene, il Laboratorio di Quartiere Giambellino – Lorenteggio, insieme ad altre realtà di zona, ha istituito il Fondo Emergenza Covid 19 – Giambellino Lorenteggio per sostenere economicamente famiglie, persone sole, giovani e anziani in questa situazione così difficile.
A chi sarà destinato il ricavato?
Il ricavato sarà destinato unicamente ad un aiuto diretto degli abitanti in difficoltà, quindi non per pagare o finanziare servizi gestiti dalle varie organizzazioni. L’individuazione delle famiglie avverrà su segnalazione delle organizzazioni attive in quartiere che prima di accedere al fondo verificheranno il reale stato di bisogno e la possibilità di accesso delle famiglie ad altri servizi e contributi già attivi sul territorio (banco alimentare, banco farmaceutico…). Per questo la scelta è naturalmente ricaduta su questo progetto, che ci ha permesso di lanciare l’#artistiXilGiambellino e dare vita ad un effetto domino di solidarietà attraverso l’arte.
Durante la creazione di questo nuovo brano, ci sono stati momenti di sconforto e/o difficoltà scaturite dal lavoro a distanza?
Momenti di sconforto direi proprio di no, anzi, ci ha dato una sferzata di energia positiva, di voglia di fare e di gioia; questo perché abbiamo collaborato con molti cantanti nostri amici ed è stato come lavorare tutti insieme.Inoltre, avevamo già l’intento di fare del bene concretamente attraverso il sostegno in favore del Fondo di Quartiere Giambellino – Lorenteggio.
In “My World” cantate «there’s a rainbow above the grey» che richiama la filosofia del “be positive” in questo momento grigio. Secondo voi la musica può veramente salvare le persone in un periodo come questo? In che modo?
Parafrasando Nina Simone possiamo dire che è responsabilità dell’artista riflettere sulla contemporaneità e rispondere con la propria arte. È chiaro che se ragionassimo e mantenessimo un punto di vista pragmatico e concreto, l’arte in tutte le sue forme ci sembrerebbe inutile. In questo momento si pensa soprattutto ai danni economici, alla priorità delle riaperture delle aziende; l’attenzione nei confronti della produzione artistica è un po’ il fanalino di coda, molto spesso un po’ dimenticata e messa da parte. Tutti pensieri e azioni giuste e fondamentali, ma spesso ci si dimentica che la musica, la letteratura, il teatro, le arti visive, il cinema… costituisca il cibo per l’anima di tutti noi, che salva, rallegra, eleva; inoltre l’Arte permette di riflettere sulla nostra condizione in quanto umani facenti parte di un sistema.
Siamo pienamente d’accordo con voi!
L’Arte insegna, allevia il dolore e, in questo periodo di limbo, di attesa e di introspezione, è parte integrante delle nostre vie. Tutto questo non solo al giorno d’oggi, ma anche nella quotidianità che è stata prima di questo periodo di quarantena e in quella nuova che ci aspetta in futuro. Perché l’Arte ci rimette in contatto con la parte di noi più libera da pregiudizi e sovrastrutture sociali; l’Arte crea un filo diretto con il bambino che è in noi e che ha bisogno di esprimere se stesso senza limitazioni; lo stesso bambino che ha vuole di riconoscersi in qualcosa vedendo trasformate le proprie emozioni in colori, forme, note musicali, parole, immagini…
Quale è la cosa che più vi manca del suonare dal vivo?
La condivisione. Quando suoniamo si crea un circolo di energia positiva tra noi quattro che si espande e coinvolge chi ci ascolta. Ci abbracciamo tutti, attraverso la musica, le canzoni, gli applausi, il ritmo, i sorrisi…
Ci saranno altre sorprese prima della fine della quarantena? State già lavorando su nuovi brani?
Stiamo sicuramente lavorando “dietro le quinte” preparando qualcosa di nuovo, è probabile che verso la fine della primavera esca qualche sorpresa: seguiteci sui nostri social!
Maguey Plant, la nostra intervista è giunta al termine. Le ultime righe sono tutte per voi, potete aggiungere ciò volere e magari lasciare ai nostri lettori una citazione che vi appartiene! Ciao e grazie!!!
Lasciamo gli estremi per sostenere il fondo del Quartiere Giambellino – Lorenteggio, per chi ne ha la possibilità:
Laboratorio di Quartiere Giambellino Lorenteggio
IBAN: IT57I0623001658000043828723 – Crédit Agricole
Causale: Fondo Giambellino – Emergenza Covid19
Per ulteriori informazioni: http://www.laboratoriodiquartieregiambellinolorenteggio.org
Vi lasciamo con la frase presente in “My World”: «No matter What You Dream you were born and Raised Free» (non importa quale sia il tuo sogno, sei nat* e cresciut* liber*).