Oggi abbiamo il piacere di scambiare qualche parola con Thew J. Benvenuto Mattia, è un piacere averti qui. È nostra tradizione ormai iniziare le nostre interviste in maniera molto diretta. Per saltare ogni preambolo quindi ti chiedo di raccontarmi l’aneddoto più divertente o imbarazzante che ricordi, legato alla tua musica.
Ciao a tutti voi, onore mio essere qui insieme a voi. Devo dire che, a primo impatto, ho avuto il vuoto in testa ma, dopo qualche attimo son riaffiorate nella mia mente ben due episodi, per cosi dire, buffi. Il primo avvenuto durante la mia esibizione ad un concorso, si interruppe la base a metà canzone ed io, decisi di continuare il tutto a cappella. Non fui matto, è che la base si era bloccata già una prima volta, al secondo giro, il fonico iniziò a sbracciare facendomi capire che c’era un problema tecnico, quindi, andai avanti come un treno. Il pubblico apprezzò in delirio ed io mi divertii tanto (mi piace cantare a cappella inoltre), e vinsi il concorso nonostante il tutto premiato da un grande maestro come Mario Rosini.
E il secondo invece?
Il secondo mi capitò durante una trasmissione Tv; mi muovo molto quando canto, ballo e quella volta, non so come, riuscii a far volare i miei occhiali urtandoli col mio stesso braccio mentre, appunto ballavo, questi rimasero appesi alle mie dita (non so sotto quale legge fisica) e li, dopo un attimo di incredulità, con una mossa da ninja, quale non sono, li feci ruotare tipo Zorro con la sua spada, fra le dita, e li appesi alle tasche del mio jeans. Ovviamente il mio canto non si interruppe. Ma, che dire? Cose assurde!
La tua esperienza artistica inizia già da giovanissimo con la scrittura di testi, per passare poi in una fase adolescenziale che di ti vede Dj nel mondo Reggae New Roots e Riddim Hardcore. Successivamente dopo una lunga pausa ti sei ritrovato a scrivere e prendere una strada più cantautorale. Come spiegheresti questo cambiamento e cosa ha fatto scattare la molla per tornare a scrivere?
L’amore per la scrittura c è sempre stato, si era solo assopito sotto la superficie. Leggevo molto da bimbo e desideravo diventare uno scrittore. Mio padre mi fece scoprire la sua macchina da scrivere dicendo che, potevo scrivere tutto ciò che volevo. Gli sequestrai quell’oggetto e ricordo ancora i suoi consigli su come muovere al meglio le dita sui tasti in modo io potessi scrivere più comodamente e velocemente. Portavo lui le prime bozze di romanzetti e lui, le leggeva. Avevo 8 anni appena. Poi a 13 anni inizia a scrivere testi e poesie che, ricordo venivano apprezzati dai lettori. Alcuni, anche compagne di classe, venivano a raccontarmi le loro storie chiedendomi di scrivere per loro, qualcosa che rappresentasse le loro vite e storie. Scrivere qualcosa per i loro ragazzi (io scrivevo, loro cuccavano. Hai capito che Ingiustizia?)
Poi cosa è successo?
Poi, purtroppo un “carissimo” amico di facoltà, con la scusa del giornale universitario sul quale poteva pubblicare articoli e diverso materiale, riuscì ad avere i miei quaderni per a suo dire darne una letta… Non ho mai più rivisto i miei quaderni. È stato come se mi avessero derubato dell’intera adolescenza.
E come sei riuscito a convertire questa scrittura in musica?
Dai 13 ai 19 anni, la mia vita, era stata riversata in inchiostro su quei quaderni. Da lì, non so se inconsciamente collegato, non riuscii più a scrivere. Nulla, neanche un verso, seppur ci provassi. Passarono 7 anni. Poi, una notte, quando ormai ero convinto non potesse più succedere, mentre ascoltavo musica in cuffia alle tre di notte, presi carta e penna perché sentii solleticare forte qualcosa dentro di me. E da li, due pezzi nacquero in una sola notte. La musica e la scrittura, si erano fuse in una unica cosa come mai era successo.
C’è stato un motivo scatenante?
Il perché? Avevo conosciuto una persona, come la si conosce nella infausta era dei Social, sugli schermi. Ed è li che restammo, seppure io avessi troppa voglia di urlare il desiderio che avevo di rompere i vetri, che però, restarono integri fra di noi. Allora, non potendola urlare a lei, questa voglia, la urlai ai fogli. A distanza di tempo, penso che pago volentieri il conto di quei dolori.
Seguendo sempre il tuo percorso musicale mi viene da chiederti, quali siano stati i tuoi punti di riferimento musicali. Quegli artisti che ti hanno dato la forza di iniziare o riprendere a scrivere?
Ho una marea di musica e di artisti nella testa, seppur mi sembra sia comunque poca roba (non finisci mai di scoprire nuova musica). Però, fra quelli che ho seguito e che hanno acceso in me qualcosa ed oserei dire, mi han insegnato e cullato nei giorni, non posso non citare Jim Morrison. Avevo sedici anni e mi drogavo di lui e della sua letteratura. Per quanto riguarda il reggae, i vecchi Sud Sound System devo dire mi hanno mostrato diversi valori nella loro musica, spronandomi a non mollare, a coltivare le passioni ed a non buttare alle spalle una ambizione. Ho seguito per molto tempo il reggae salentino, anche il più undergound.
C’è qualche altro nome che vorresti citare?
Non possono mancare artisti come John De Leo che ritengo una divinità in carne ed ossa per quanto riguarda la dote vocale. Ho iniziato a notare e ad apprezzare i miracoli che con la laringe compie, dopo aver iniziato anche io un percorso di studi sulla voce, il canto. Un artista incredibile. Ma, dai, alla fine non ho un preferito artista o gruppo. Neanche un genere specifico che seguo. Non mi piace racchiudere la musica nei limiti che il concetto di “genere” impone. Nelle cuffie, pompo musica, quella che mi parla di qualcosa, che mi scalda in momenti freddi, che possa illuminarmi in momenti bui, insegnarmi ad essere migliore. Adoro anche Mozart! Dal reggae, al jazz, al classico…non mi importa nulla del genere.
La tua musica ti ha portato a vincere diversi premi e confrontarti con realtà decisamente importanti. Secondo te quanto conta nella musica e nell’era moderna, saper vendere il proprio prodotto e la propria immagine?
Penso che, purtroppo, sia tutto. Te lo dico da persona che non dà molta importanza all’immagine, che non ama l’estetismo. Tanti bei manichini, che non scrivono i loro testi ma, dicono di avere inediti, d’esser cantautori, che usano montagne di Autotune per compensare le loro mancanze. Han bisogno di una equipe intera che curi tutto per loro. Loro vanno solo sul palco e li, giù con tatuaggi, piercing, barbe, effetti…e mai sia a cambiar o togliere una di queste, per me futili cose. Crollerebbe tutto. E non è un ottimo segno. Poi, capisco il dover vendere, capisco che debba esserci una cura dell’immagine. È anche giusto. Ma, alcuni, dovrebbero anche ricordarsi di caricarsi un po’ d’umiltà sulle spalle.
Per quel che riguarda i vari talent del momento invece? Credi che siano un buon trampolino di lancio per un artista emergente oppure potrebbero segnare la fine di un percorso artistico?
I talent sono di sicuro un’ottima vetrina, una opportunità e magari una esperienza da fare. Però, essere su palchi del genere, a livello nazionale, di fronte a gente comunque che, nel panorama musicale italiano e non solo, ha un determinato peso, non è neanche una garanzia. Può darti tutto, come può distruggerti. E, ce ne son di esempi che abbiamo avuto negli anni, di artisti che, nonostante abbiano calcato palchi immensi, han dovuto riprender da capo le loro carriere, ripartire da zero. Però, non criminalizzo assolutamente la cosa, non fraintendete. È ok. Tanto sta anche a come affrontar la cosa, aver la testa giusta. Puntare molto, in primis, a divertirsi ed arricchirsi d esperienze.
Esprimi un tuo pensiero sulla musica moderna che al momento sta prendendo piede sia in Italia che all’estero. Parliamo dei generi indie e trap. Credi che siano solo un nuovo modo di espressione delle nuove generazioni o come molti lo ritieni un genere sterile, destinato a morire in breve tempo?
Non seguo molto il genere, ammetto. A volte ho difficoltà proprio a soffermarmi nell’ascoltare testi e canzoni trap ad esempio. Skippo facilmente e, in verità, non so quanto certi pezzi possano perdurare nel tempo e non morire con la prossima moda che verrà. Però, ripeto il discorso che facevo prima, non è il genere che non va. È come lo si fa, non ti nego che proprio ieri ho scoperto un trapper italiano, molto famoso, per caso, la sua canzone è capitata a portata d’orecchio e, non sono riuscito a cambiar o skippare.
Cosa ti ha rapito del brano?
Aveva un testo mica male, delle melodie vocali molto arabeggianti (adoro), un arrangiamento efficace con chitarre classiche. L’ho riascolto spesso in queste ore, quindi, è l’artista che può rendere arte, anche la cosa più semplice. Vedo molto sfarzo, molta ostentazione ed insisto col dire che, bisognerebbe concentrarsi molto più sul contenuto. Se hai contenuto, qualsiasi genere può catturare l’attenzione. Anche quello che pensi non ascolteresti mai.
Parliamo di te e del tuo futuro. Ci sono progetti in cantiere? Magari qualche nuovo singolo in uscita oppure la pubblicazione di un intero album? Svelaci quali sono i passi che sta seguendo Thew J.
Il progetto è quello di continuare a sfornare più musica possibile. Al momento, ci sono tanti nuovi singoli in lavorazione. Alcuni usciranno nei prossimi mesi, altri, ci vorrà un po’di tempo ma, son già li nel mio cassetto. Purtroppo, lavoro completamente da solo e, non è semplice. Qualcuno vuol farmi da manager per caso? Spero di riuscire a portare i miei lavori quanto più possibile in giro per l’Italia. Poi, se qualcuno volesse anche invitarmi in qualche club estero… io ci sto, eh? Non è che rifiuto! (ride) Per ora son stato fortunato, son riuscito a girare un bel po’ in Italia ed ho portato un po’in giro la mia musica, ma non basta mai!
Due domande a risposta secca: quale è la canzone che avresti voluto scrivere?
Ripeto, ho un sacco di musica e canzoni in testa. Che amo ed ho amato fortemente. Però… Se mi dai appena 127 giorni per pensarci…magari te ne trovo una!
Quale invece quella che non avresti mai voluto scrivere (sempre non tua)
Te ne scrivo una al giorno per 127 giorni…cosi equilibriamo le cose ok?