Con piacere do il benvenuto a Tommaso Primo sulle pagine di Music.it! Mettiamoci subito a nudo. Racconta ai lettori un episodio che ritieni stravagante e particolare accaduto nella tua carriera musicale.
Questa è la domanda più bella che mi abbiano mai fatto. Potrei raccontare centomila aneddoti. Come quando salutai il pubblico di Massa di Somma con un “Sono molto contento di essere qui a Massa Lubrense”, rischiando il linciaggio visto che fra i due paesi c’è una forte rivalità. O quando ultimamente a Nocera Superiore, che per un cantautore campano è come Seattle per Coldplay, arrivai vestito d’alieno suscitando l’ilarità di un’arzilla e maleducata vecchietta. Nell’unico momento di silenzio esclamò un possente “Chist me par ‘o frat ro cazz!”. Ma Sant’Angelo a Fasanella merita un paragrafo a parte. Finito il momento dell’esibizione, mi ritrovai sul palco con il sindaco, a fare da dea bendata per un’estrazione a premi dove si vinceva un vitello vivo. Se lo aggiudicò Vittorino, il nostro tour manager. Tornammo a Napoli, a fari spenti per un guasto dell’ultimo momento, trainando una vacca sulla Salerno- Reggio Calabria.
Scrivi canzoni da quando avevi 13 anni. Cosa ha acceso in te la scintilla?
Un evento tragico. Alle medie si venne a sapere del suicidio di una nostra compagna di scuola. Rimasi traumatizzato da quell’episodio. Tornai a casa e sentii l’irrefrenabile pulsazione di dover racchiudere quel momento in qualcosa. Presi una vecchia chitarra, carta e penna e nacque così la mia prima canzoncina, “Canzone a Carmela”.
Come forma d’espressione hai scelto il cantautorato. Hai mai pensato di cimentarti in qualche altra arte?
In realtà il mio sogno era quello di fare film di fantascienza. I miei videoclip, infatti, hanno tutti un’anima fantasy. All’amatriciana ma pur sempre fantasy. Chissà, forse un giorno…
Quali artisti ti hanno accompagnato nel tuo percorso di crescita musicale?
Tanti! In casa mia si ascolta tutto, dai neomelodici a James Taylor. Sono un grande fan di Caetano Veloso, di Pino Daniele, degli Oliver Onions, tutta musica nata in un’epoca in cui l’arte sgambettava il potere mentre oggi va a braccetto con le multinazionali.
C’è un’innegabile prevalenza dell’uso della lingua napoletana nei tuoi testi. Ti fa sentire più “Tommaso Primo”?
Sono nato a Napoli, una città musicalmente e culturalmente viva da secoli, madre di un patrimonio artistico d’inestimabile valore. Sa di essere una regina, essendo stata fino a un secolo e mezzo fa una capitale. Ma risente, ahimè, degli acciacchi che una certa mentalità politica locale e nazionale gli ha inflitto. Ha il coraggio di confrontarsi con le grande culture del mondo e fa parte di queste, ma a volte vive nel complesso di dover essere sdoganata da chi detta tendenze. Io sono comunista e ribelle, figlio di Parthenope. Potrei mai esimermi dal combattere questa lotta? Viva la nostra lingua!
Duettando nel 2013 con il cantautore senegalese Ismael, con il brano “Gioia” hai raggiunto numeri importanti. Cosa hai provato in quei giorni in cui hai visto le visualizzazioni di YouTube crescere vertiginosamente? Oltre all’innegabile soddisfazione, hai avvertito un po’ di agitazione per la notorietà che ne sarebbe scaturita?
Erano giorni felici, di chi per la prima volta si è sentito appagato e realizzato. Vedere che quel sentimento era arrivato a così tanta gente mi aveva fatto sentire meno solo. Addirittura alcune coppie hanno chiamato le proprie bambine “Gioia”, perché in quel brano hanno trovato serenità e rinascita.
Il primo album “Fate Sirene e Samurai” è uscito nel 2015. Cosa è cambiato con il nuovo lavoro, fresco di quest’anno, “3103”?
Le ambientazioni, i temi trattati, l’utilizzo della lingua italiana. E poi il suono. C’è l’entrata nella mia musica dell’elettronica.
Questo “3103” considera il Pianeta Terra spacciato. Puoi riassumere il concept di questo lavoro discografico ai nostri lettori?
È un album fantascientifico che racconta un futuro immaginario. Il numero “3103” rappresenta la data di un ipotetico esodo dell’umanità, in partenza dalla Terra alla ricerca di nuovi pianeti dove poter condurre la propria esistenza. Il disco è formato da dieci tracce suddivise per sound, argomenti e storie in due grandi aree narrative: quella di terrestre ─ tutto ciò che avviene prima del viaggio ─ e quella astrale, con gli avvenimenti successivi alla partenza. Quest’ultima è ben descritta in “Cassiopea”, ballad che fa da spartiacque ai due momenti.
Ma non c’è solo la fantascienza in questo album…
Nonostante le ambientazioni fantascientifiche, “3103” è un disco dove l’analisi politica e sociale la fanno da padrone. È ironico sui cliché di cui la società moderna è schiava. Deciso nel messaggio ecologista. Feroce nella critica al potere. È musicalmente ispirato alla tradizione soul statunitense, con sfumature tropicaliste e innesti R&N e rap, il tutto condito da un suono vintage di matrice ’70-’80. La poetica nerd si mescola alla tradizione del lessico partenopeo, creando una originale forma di linguaggio ed espressione artistico-comunicativa.
Ho notato che ti ispiri a diversi personaggi di fantasia nei tuoi testi. Come li scegli?
La mia passione sono gli anime e i manga giapponesi. Ho imparato che in quel mondo e quel modo di raccontare c’è racchiusa una sensibilità d’inestimabile valore. Ogni ragazzino dovrebbe crescere guardando “CowBoy Bebop”, “Dragon Ball”, “Hunter × Hunter”, “Naruto” e tanti altri. Sarebbe un mondo con la mente vispa e non quello piatto in cui viviamo oggi.
Con il singolo “La leggenda del Superman napoletano” non ho potuto fare a meno di pensare al film “Lo chiamano Jeeg Robot”, ma in una chiave molto più fiabesca e ironica. Qual era il tuo intento?
Elogiare l’Umanità! Il mio Superman è umano, simile all’uomo comune e con super poteri bislacchi. Vittorio Arrigoni diceva una frase bellissima, “restiamo Umani”. Credo rappresenti il futuro.
Con “3103” l’umanità si trova a cambiare pianeta. Se fosse Tommaso Primo a poter scegliere, cosa porterebbe con sé?
Porterei un database con tutte le cose che abbiamo creato dall’inizio dei tempi fino alla fine. Credo che Internet servirà a questo, a fare da memoria e a non dimenticare quel che siamo stati, quel che abbiamo creato e da dove siamo venuti. Ormai parlo già come se fossimo nel futuro!
È uscito da pochissimo il singolo “Hola Madre Natura”. Quale consiglio vuoi dare ai tuoi ascoltatori, per far sì che l’incontro con Madre Natura sia positivo?
Ci sono due mostri invisibili che minacciano l’essere umano e il proseguimento sereno dell’esistenza sulla Terra: il consumismo sfrenato e l’emergenza ambientale. Un giorno, quando dovremo emigrare su altri pianeti alla ricerca di nuove fonti di vita, capiremo il valore di quello che abbiamo lasciato qui. In primis, le bellezze della natura, e poi tutto quello che ci offre ogni giorno. Salvaguardare la bellezza, ecco che consiglio do agli esseri umani.
Ho trovato curiosa la storia dell’ultimo brano, “Magellano Astroboat”, perché in fin dei conti mostra popolazioni aliene che, bene o male, se la passano come noi. Una sorta di: “Tutto l’Universo è paese”?
“Magellano Astroboat” è una nave che raccoglie migranti ed emarginati spaziali in fuga e alla ricerca di una nuova casa, messi in pericolo da una forza oscura, simile un po’ all’Impero. Ricorda forse un qualcosa dell’attuale situazione italiana? Beh, se la risposta è “sì” vuol dire che tutto l’Universo è paese!
Abbiamo finito, il nostro viaggio è concluso. Ti ringrazio per avermi fatto salire sulla tua navicella.Ti lascio alcune battute di chiusura.
Viviamo nell’epoca dell’osannazione del nulla. Dell’imbambolimento delle masse, dei cervelli spenti e del disprezzo degli ultimi. Stiamo subendo un processo d’imposizione del pensiero e mettiamo il successo individuale sopra ogni altra cosa. “Ego ha travolto Ecos, molesta idea di felicità”, come recita “Hola Madre Natura”. Consideriamo il riscatto materiale e personale l’unica fonte di benessere, annullando ogni minimo residuo di idea di comunità. Ci sono marche ovunque, anche dove non dovrebbero esserci, e stiamo consegnando il mondo nelle mani di pochi che prenderanno scelte al posto nostro. L’unica via di salvezza è quella di RIMANERE UMANI!