CRISTALLO: "Il distacco volontario mi è necessario per osservare e scrivere"
La cantautrice Francesca Pizzo, in arte Cristallo.
La cantautrice Francesca Pizzo, in arte Cristallo.

CRISTALLO: “Il distacco volontario mi è necessario per osservare e scrivere”

Ciao Cristallo! Benvenuta sulle pagine di Music.it! Cominciamo con la nostra domanda di rito che vuole svelato l’aneddoto più strano, curioso, imbarazzante o semplicemente brutto che ti sia capitato di non raccontare ancora e che ti leghi alla musica.

Ciao ragazzi, grazie per avermi invitata. Ho iniziato a cantare attorno ai 14 anni, dopo poco sono andata a comprare una chitarra e ho preso le mie prime lezioni. Mi sono subito trovata male. Troppe corde, pensavo, la ritmica non mi riusciva, per gli arpeggi non avevo assolutamente pazienza. Ho accantonato lo studio dello strumento giurando di non toccare mai più chitarra in vita mia. Questa storia è andata avanti in loop, esattamente uguale, un sacco di volte nel corso degli anni. Ho iniziato a suonare la chitarra e smesso tantissime volte. Ancora oggi la uso per comporre ma il nostro è un rapporto che definirei aperto.

Come, quando e perché, Francesca Pizzo si trasforma in Cristallo? Raccontaci la tua storia.

Francesca Pizzo suonava in un duo che si chiamava Melampus. Dopo Melampus il desiderio di cantare in italiano ha portato al progetto Cristallo, sempre gestito in duo con Angelo Casarrubia. Quando le nostre strade si sono separate ho deciso di mantenere il nome perché mi piace e credo mi rappresenti bene.

Tu vieni da Bologna, una città certamente prolifica in termini artistici e musicali. Quanto, la città, ha influenzato la tua scrittura o ricezione dell’arte in generale?

Bologna è una città privilegiata. Piccola abbastanza per conoscersi tutti nell’ambiente e madre di numerosissimi progetti musicali, a partire dai cantautori che tutti conosciamo per arrivare a decine di formazioni underground che di fatto hanno reso questa città celebre. Impossibile negare che in un contesto simile la voglia di suonare arrivi in fretta e difficilmente ti abbandoni.

Prima di addentrarci dentro il tuo ultimo singolo, “Casa di vetro”, vorremmo sapere come è sorta l’insolita collaborazione con i Baustelle, che nel 2017 scelsero te per comparire nella copertina del loro “L’amore e violenza II”.

I Baustelle mi avevano già ospitato nell’immagine di copertina de “I mistici dell’occidente”. Dopo quell’occasione il loro fotografo ufficiale, Gianluca Moro, mi ha ricontattata perché aveva in mente alcuni scatti con due ragazze per “L’amore e la violenza”. L’immagine di copertina del Volume II è sempre tratta dallo shooting per l’album precedente.

“Casa di vetro”: un brano che ad ascoltarlo in post-quarantena fa riflettere sulla mancanza di attenzione e di cura di sé e del mondo. Com’è stato vivere questo disgraziato periodo, sapendo che già avevi scritto qualcosa di assolutamente pertinente all’isolamento inteso come possibilità?

È stato strano rendersi conto che quello di cui io parlo è una condizione di distacco volontario, che mi è indispensabile per osservare ciò che mi circonda e per scriverne, ma che assomigliava molto alla situazione che abbiamo vissuto tutti nei mesi scorsi. Mi ha sorpreso rendermi conto del fatto che ciò che io considero una fortuna, cioè scegliere un luogo sicuro che mi mantenga in contatto con l’esterno per potere comporre, in quel preciso momento storico si era tramutato in qualcosa di diverso.

L’idea del videoclip, invece, com’è nata?

Il soggetto del videoclip è di Giuseppe Lanno. Si tratta di un amico, regista e musicista a sua volta, al quale, proprio durante le settimane di isolamento, ho fatto sentire il brano e che lo ha interpretato con questa duplice valenza. La casa che ci ospita e della quale siamo ospiti, che ci protegge ma può avere la meglio su di noi. Oggi ringrazio Giuseppe perché la sua visione ha colto in pieno l’atmosfera del brano.

Nomina cinque album imprescindibili nella tua formazione.

“Rid of me” di PJ Harvey, “Hounds of love” di Kate Bush, “Dummy” dei Portishead, “Closet Meraviglia” di Cesare Basile, “Devotion” dei Beach House e… sono già arrivata a cinque ma voi sapete che questo è un gioco crudele!

Un artista contemporaneo/a con cui vorresti collaborare o che ti ispira particolarmente?

Oggi ti rispondo Ghemon.

 Progetti futuri?

L’uscita del disco in autunno e il tour in elettrico nei mesi successivi.

Abbiamo finito: prima di lasciarti, vorrei invitarti a riempire queste righe bianche con i pezzi fioriti dei tuoi vetri. Grazie e a presto!

Mia nonna si chiamava Francesca Pizzo, aveva sempre freddo ma amava il gelato. Mi chiedevo come fosse possibile soffrire tanto le temperature rigide ma mangiare il gelato anche in inverno. Oggi io, che mi chiamo come lei, ho quasi sempre freddo. E mangio il gelato tutto l’anno.