DAVE HOLLAND e il suo CROSSCURRENTS TRIO incantano il pubblico dell'Auditorium Parco della Musica
In foto il Crosscurrents Trio composto dal sassofonista Chris Potter, il maestro di tabla Zakir Hussain e il contrabbassita Dave Holland.
In foto il Crosscurrents Trio composto dal sassofonista Chris Potter, il maestro di tabla Zakir Hussain e il contrabbassita Dave Holland.

DAVE HOLLAND e il suo CROSSCURRENTS TRIO incantano il pubblico dell’Auditorium Parco della Musica

Come una folata di vento che scompiglia tutto e lascia senza fiato. È una danza dai mille colori quella che si viene a creare dall’incontro di due differenti culture, dall’unione di tre variegate personalità. Silenzi assordanti e sprazzi di follia, il 6 novembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma abbiamo assistito ad un concerto dall’atmosfera spirituale, ai limiti del sublime. Stiamo parlando del concerto di Dave Holland e del suo Crosscurrents Trio; quest’ultimo è un progetto che vede riuniti tre professionisti di spicco del jazz, che sono, oltre al contrabbassista sorridente e saggio Dave Holland, il sassofonista brioso Chris Potter e lo stupefacente maestro della tradizione classica indiana Zakir Hussain alle tabla e alle percussioni.

Un classico trio jazz, ma senza piano, contaminato dalla presenza del set di percussioni di Zakir Hussain; quest’ultimo pare quasi una divinità, seduto a gambe incrociate e piedi scalzi nella sua postazione elevata rispetto agli altri due musicisti. Di magistrale bravura, leggero e impercettibile nei movimenti e dalle espressioni simpatiche, Zakir Hussain si lascia andare ad un vortice sonoro tra battiti ed accenti, riuscendo ad incantare e rapire l’attentissimo pubblico. Eppure, dietro a quel suono delle tabla che appare tanto puro e naturale, si nasconde una complessa artificiosità.

Mondi e approcci diversi in un insieme armonico e coerente, dove dalla diversità nasce l’unione

È proprio questo senso di apparente naturalezza e spontaneità che caratterizza il trio, la loro sonorità, il modo di interagire e dialogare come tre vecchi amici; un senso che volontariamente nasconde una struttura estremamente complessa, studiata e ragionata e che racchiude in sé l’essenza intima, l’anima del jazz. Si percepisce un profondo desiderio di rispetto reciproco per la collaborazione, un amore condiviso per la musica. Mondi e approcci diversi in un insieme armonico e coerente, dove dalla diversità nasce il dialogo e dal dialogo una fusione: la musica è unione.

Alle tabla si sposano i profili jazz imbastiti da Chris Potter, capace di un suono caldo e avvolgente, a tratti ipnotico ma sempre contenuto, senza mai avere la pretesa di strafare o di spettinare il pubblico con le troppe note. Il suo linguaggio musicale è in grado di comunicare emozioni tanto diverse tra loro: al suono corposo, riflessivo e solenne del tenore, alterna l’effervescente sonorità del sax soprano. La voce di Chris Potter è inconfondibile, potente e maestosa. La sua creatività è infinita e spontanea, ed è eseguita con generosità e rispetto.

La musica del Crosscurrents Trio è un’esplorazione continua alla ricerca di peculiari relazioni in un flusso musicale inarrestabile

Al centro di questi due estremi troviamo Dave Holland, dall’animo fermo e apparentemente pacato, dal suono sommesso e ombroso; è sempre alla ricerca di nuova bellezza, di nuove prove della sua straordinaria tecnica e abilità musicale. Le sue sonorità evocano un sentimento quasi religioso, un suono che in modo sottile ma costante è presente in tutto il concerto. Il Crosscurrents Trio ha suonato sette brani seguiti dal bis tratti dal loro nuovo album Good Hope” caratterizzati da virtuosismo, brillantezza e sofisticato linguaggio musicale.

Il palco è stato illuminato di rosso, di blu, ma anche di viola e di giallo; ogni brano ha il suo colore perfettamente accordato all’emozione che vuole suscitare. Nulla è casuale dunque, la musica del Crosscurrents Trio è un’esplorazione continua alla ricerca di peculiari relazioni tra la musica folk indiana e il jazz; un flusso musicale inarrestabile e una incredibile connessione tra gli strumenti. Un cerchio che si chiude, che va dall’alba al tramonto per poi ricominciare, questa è la sensazione che si ha al termine del concerto. Solo dopo la fine del bis ci si rende conto di essere veramente entrati in una dimensione parallela, superiore, altra, e nell’aria ancora echeggia quell’atmosfera sonora avvolgente e inebriante.