MARY BRAIN: “Una donna per farti innamorare davvero deve prenderti il cervello”

MARY BRAIN: “Una donna per farti innamorare davvero deve prenderti il cervello”

La prima domanda, per tradizione, riguarda il vostro trascorso. Mi raccontate un episodio della storia dei Mary Brain che secondo voi è esemplare per spiegare ai nostri lettori che tipo di persone, di artisti, di musicisti siete?

Sembrerà scontato, ma se dovessimo scegliere un momento è quando abbiamo sentito il master del nostro ultimo lavoro “Light After Dark”. Il nostro primo pensiero è stato “Ce l’abbiamo fatta”! Ma non nel senso di “siamo diventati famosi”. Finito l’ascolto avevamo tutti la sensazione, dopo anni passati a suonare assieme e ad elaborare il nostro stile, di aver finalmente imboccato la strada giusta, trovando il nostro sound originale. Eravamo finalmente soddisfatti di sentire qualcosa che esprimeva pienamente le nostre differenti personalità e che pensiamo ci distingua dalle altre band sia come produzione/sound che come proposta musicale/artistica.

La seconda domanda sorge spontanea: ma chi diavolo è Maria? E perché vi siete intrippati sul suo cervello? Insomma, da dove viene il nome Mary Brain?

La risposta potrebbe essere lunga e forse un po’ troppo filosofica – del resto facciamo metarock (ridono) – ma ci proviamo! Per noi la Musica è donna. La parola Musica deriva infatti dal greco e significa “arte delle Muse”. Prima che si differenziasse in poesia, teatro, ecc., era proprio la Musica a rappresentare la forma d’arte primigenia. La Musica era quindi identificata con divinità femminili, le Muse. Nel transito dal politeismo alla nostra epoca moderna e monoteista, abbiamo voluto identificare la Musica con una divinità femminile. Abbiamo scelto Maria perché è la figura che in Occidente ha sostituito le divinità femminili pagane, ereditandone la sacralità. A Mary abbiamo poi affiancato la parola brain (cervello).

Immagino ci sia una ragione specifica anche per questo accostamento.

È la nostra visione dell’arte musicale. Per noi la musica non è solamente passione e cuore, ma soprattutto cervello. Già nell’etimologia greca la Musica era legata alla tecnica e quindi ad un’attività cerebrale e non solo emotiva. Tanto che il musico stesso era considerato alla stregua di un artigiano. Più recentemente le neuroscienze hanno collocato nel cervello quello che una volta si collocava nel cuore o nell’anima, come ad esempio la creatività e la risposta emozionale agli stimoli, compresi quelli sonori. Per cui possiamo dire che il cervello è il vero organo che regola e conduce la nostra attività, come compositori e musicisti. E poi, se la Musica è donna, una donna per farti innamorare davvero deve prenderti anche il cervello! Da qui nascono i Mary Brain. Che poi sono parole che suonano bene insieme, no?

Senza ombra di dubbio. Ma sono ancora arrabbiata con voi Mary Brain perché mi avete privata della sacrosanta libertà di descrivervi. Tutto sommato la vostra autodeterminazione mi piace. Cosa è per voi il metarock, di cui vi proclamate pionieri?

Se si cerca la definizione letterale del prefisso meta- si trovano vari significati. Il primo è mutamento, trasformazione. Il secondo successione, posteriorità. Il terzo è indice di acquisizione del valore di trans-, e designa forme di considerazione teorica spinte al di là dei propri confini. Prendendo questi tre significati, il metarock esprime il mutamento che è avvenuto nel nostro sound. Dall’hard rock, al metal, al prog a qualcosa che insieme ingloba e allo stesso tempo supera tutte queste definizioni. La nostra intenzione è di andare verso una concezione più ampia di musica dura, che eviti i settarismi dei generi e sottogeneri. In modo che possa essere usufruita dal maggior numero di persone possibile. Per noi la musica dura è oggi in forte crisi.

Perché?

Da una parte si è spezzettata in troppi frammenti, perdendo universalità e trasversalità. La parola rock, inoltre, viene sempre più spesso associata a proposte musicali che – benché legittime – non c’entrano assolutamente niente con quella carica eversiva e fortemente artistica. Che poi sarebbe il rock per come si è contraddistinto fin dalla sua nascita e durante tutta la sua evoluzione.

Leggendo solo i titoli delle vostre tracce, non serve un critico letterario per carpire che state raccontando una storia, che parte da “Anamnesis” per arrivare a “Light After Dark”. Raccontatecela.

Ottima intuizione! Innanzitutto noi concepiamo l’album come un unicum, che ha un significato sia nelle sue parti che nel tutto. Un’opera completa che rispecchia un particolare momento delle nostre vite. Ha lo stesso significato del libro per lo scrittore, e i tempi di gestazione sono infatti molto simili.
Nel nostro precedente lavoro “Regression Of Human Existence” avevamo analizzato la società contemporanea con disillusione e pessimismo. “Light After Dark” non è propriamente una storia…

Che cos’è allora?

Light After Dark” è una lunga seduta di psicoterapia per l’umanità. Facendoci ricordare le cose brutte che abbiamo vissuto, ci permette di rinascere a nuova vita, più consapevoli di noi stessi e fiduciosi nel futuro.
Diciamo che quindi dall’anamnesi in poi ogni canzone è un episodio con cui l’umanità deve fare i conti. Nell’ordine delle tracce: dissolutezza e perdizione, problemi di integrazione, pedofilia, perdita di un figlio, guerre, morte, terrorismo, tradimento, problemi psichici. Per arrivare all’ultima canzone dove nella catarsi finale si torna a vedere la luce verso un futuro migliore. Sicuramente il contenuto dell’album rispecchia la nostra crescita sia come musicisti che come persone. Per questo siamo molto fieri di come è venuto, perché ci rappresenta a pieno. Pensiamo che molte persone possano identificarsi in uno o più brani dell’album.

Qual è la ragione che vi spinge ad attingere dalla Bibbia come fonte di ispirazione?

Tutti noi siamo cresciuti in ambienti religiosi. Viviamo in una società fortemente cattolica, soprattutto in Italia. Quindi è venuto naturale attingere a quelle figure che hanno riempito la nostra infanzia e adolescenza, nel bene e nel male. D’altra parte, tutte le religioni sono una grande metafora della vita che serve a spiegare, con personaggi mitici e figure d’impatto, le dinamiche relazionali tra gli uomini. Sicuramente le tematiche mitologiche sono un tema caro al metal, molto meno al rock, ma ci piace giocare con queste per dare alla nostra musica un aspetto artistico e letterario in più.

Altra domanda che riguarda il nudo titolo del penultimo brano di “Light After Dark”: cosa è e cosa significa “U.D.T.Q.”?

Significa “Under Demons Terrifying Questions”. Il pezzo parla della malattia psichica, delle domande pressanti che i demoni possono fare insistentemente in una mente infestata, fino a spingerla ad azioni irrazionali come l’omicidio o il suicidio. Però potrebbe significare anche “Uno, Due, Tre, Quattro”. Un ottimo modo per iniziare un brano, che ne dici? (Ridono).

Ora vi tocca della sana autoanalisi artistica, appunto per restare in argomento. Quanto sono cresciuti i Mary Brain da “Regression Of Human Existence” a “Light After Dark”? In cosa sono cambiati?

Beh, siamo cambiati un bel po’! Siamo cresciuti sia come persone che come musicisti. Siamo più consapevoli di cosa vogliamo nella vita e di cosa vogliamo suonare. Abbiamo meno paura del futuro e ci sappiamo godere maggiormente le belle cose che succedono giorno per giorno. Dal punto di vista artistico, una band è come un buon vino: se il vitigno è buono e la vinificazione viene fatta ad arte può solo migliorare col tempo! Ci sentiamo nel pieno della nostra maturità artistica, consapevoli dei nostri mezzi, pieni di voglia e di idee e ci stiamo godendo il momento a pieno. Cosa volere di più?

Del buon vino, qui e ora…

Siamo arrivati ora alla consapevolezza di intendere la nostra musica quasi come una missione di resistenza in quest’epoca dove la musica stessa è stata molto svalutata. Vogliamo lasciare musica di qualità. Vogliamo tenere viva la fiamma che servirà alle generazioni future come patrimonio per continuare a proporre musica dura ma artisticamente destinata a durare nel tempo. Perché, nonostante sia stata tanto bistrattata negli ultimi anni, senza musica il genere umano non può vivere. E senza il rock viviamo tutti un po’ peggio!

Sogni nel cassetto. Con quale artista, band contemporanea vi piacerebbe collaborare? O con quale artista, band vi sarebbe piaciuto collaborare?

Senza scomodare band passate, citiamo 2 band, una più strettamente metal e una rock: Opeth e Foo Fighters. Nonostante i due tipi di proposta siano molto distanti, rileviamo in entrambi quella voglia di universalità e trasversalità musicale a cui aspiriamo. E anche quell’approccio alla musica cerebrale che abbiamo ripreso nel nostro nome. Sono inoltre costantemente alla ricerca di ispirazione dalle migliori cose fatte in passato, sia nella ricerca musicale che nella ricerca sonora. Cose che abbiamo sperimentato anche noi molto in “Light After Dark”.

State lavorando a qualcosa di nuovo? Progetti per il futuro immediato? E a lungo termine?

Per ora ci dedicheremo anima, cuore e cervello alla promozione del nuovo album e a suonare il più possibile live, perché pensiamo che i nuovi brani abbiamo un ottimo groove dal vivo!
Sicuramente abbiamo intenzione di iniziare a scrivere nuovi brani. Di idee ce ne sono già, ma per adesso è prematuro iniziare a parlarne.

È stato un piacere chiacchierare con voi. Vi saluto, e vi lascio alcune righe per esprimervi liberamente. Ciao!

Direi che di parole ne abbiamo già spese tante. Un saluto a tutti i lettori di Music.it, anzitutto. E poi vorremmo ringraziare tutti i nostri fan e i sostenitori della musica originale underground! Vi invitiamo a mettere mi piace alla nostra pagina Facebook e a farvi un giro sul nostro sito, per rimanere aggiornati sulle nostre ultime news.
Inoltre vi segnaliamo che il nostro nuovo album “Light After Dark” è disponibile sugli store digitali. Speriamo di vedervi tutti ai nostri prossimi live per poter bere insieme una buona birra.
Rock on!