Monorene, benvenuto sulle nostre pagine! Iniziamo questa intervista un con un tuo ricordo: racconta ai lettori un aneddoto imbarazzante accaduto durante il tuo percorso musicale!
Ciao Giulia e al pubblico di Music.it, grazie per questa intervista e alla possibilità di raccontare quello che secondo me è l’aneddoto più imbarazzante della mia carriera fino ad ora. Dopotutto chi ben comincia è a metà dell’opera. Durante uno dei miei primi live con una band pugliese con cui tuttora collaboro (i Caroselli), ero davanti a più di duemila persone e ad un certo punto durante l’esibizione si rompe una corda al chitarrista. Per rimediare al tempo perso durante la riparazione, lo stesso annuncia al pubblico che avrei avuto due minuti per raccontare a tutti una barzelletta. Credo siano stati i due minuti più imbarazzanti e silenziosi della mia vita in mezzo a così tante persone.
Quali sono stati gli artisti o le band che hanno maggiormente influenzato la tua musica e il tuo stile?
Il mio stile musicale deriva da un connubio di esperienze e gusti personali. Ho avuto molte esperienze per quanto riguarda la musica dal vivo, suonando e cantando brani le cui sonorità andavano dal funky al cantautorato italiano, dall’elettronica al reggaeton e ancora dal R&B al Neo soul. Tutti questi suoni diversi provenienti da artisti diversi si sono condensati nel mio stile. Mi viene un po’ difficile trovare un inizio alle mie influenze musicali, poiché tutta la musica di un cantante deriva da un’altra, e così andando fino alle radici primitive della sonorità stessa. Perciò mi fermo qui e vado sul generico, piuttosto che sullo specifico.
C’è un momento della giornata o un luogo in particolare che prediligi per scrivere? E un luogo dove trovi l’ispirazione?
Scrivere un brano è un processo creativo alquanto difficile per me da spiegare. Diversamente da altre arti che possono essere su commissione, la musica (si spera), è una cosa strettamente personale, che deriva pertanto da una necessità di uscire allo scoperto e mettere per iscritto tutto quello che hai dentro. Parlare di spazi e luoghi mi sembra troppo pretenzioso per una persona come me, ma una costante che mi accompagna nella scrittura è di solito la solitudine. Una solitudine che deriva da un evento o dal ricordo di esso.
Parliamo del tuo singolo “Nostalgico”. Cosa significa per te questo brano e in quale particolare momento della tua vita lo hai scritto?
Come ho risposto nella domanda precedenza parlando di solitudine, aggiungo a questo la nostalgia. L’ho scritto quando ero solo e stavo pensando a una relazione che all’epoca era finita da poco nella mia vita, quei temporali estivi che non durano molto ma fanno abbastanza casino. Per me questo brano è stato ricostruire quello che avevo perso, dai ricordi alle sensazioni. Una specie di “amico” che sa questa cosa di me, e cerca di capirmi e consolarmi. Scrivere una canzone credo sia anche “fare psicologia” su se stessi: ti analizzi, butti tutto giù e vai avanti.
Dopo questo singolo quali saranno i tuoi prossimi obiettivi, sogni nel cassetto?
Come ogni artista ovviamente il sogno nel cassetto è un live, essere conosciuti da più persone possibili e condividere la propria musica con tutti. Sfortunatamente non è un buon periodo per la musica dal vivo, ma sono positivo (non al Coronavirus). Dopotutto ho ancora un brano conosciuto, l’altro uscirà a breve e altri ancora sono già pronti. Basta solo capire il momento buono per farli conoscere a tutti.
In futuro, con chi ti piacerebbe condividere il palco? C’è un artista con cui ti piacerebbe collaborare?
Ho una passione per Niccolò Fabi, mi piace sia a livello musicale che come persona. Ho molti altri artisti da nominare, come Frah Quintale, Ainé, Venerus, Willie Peyote per quanto riguarda la scena italiana. Quella internazionale, direi Tom Misch, Jordan Rakei, Anderson Paak e tanti altri. Insomma, mi piacerebbe collaborare con molti artisti, anche se difficilmente mi vedrei sul palco con qualcuno che fa genere trap. Forse.
Attribuisci un colore ed un sapore alla tua musica e spiegaci il perché della scelta.
Il colore che mi viene in mente è l’arancione, che è il risultato del rosso e del giallo. Il rosso rappresenta come tutti sanno la passione, il coraggio e la forza. Il giallo è un colore “instabile”, legato più all’istinto che alla ragione. Io mi trovo nel mezzo di queste sensazioni, e la mia musica anche. Per quanto riguarda un sapore, direi quello che ha un kebab alle cinque di mattina: è buono, la fame è tanta, sai che è sbagliato e non è salutare ma comunque lo mangi fino all’ultimo boccone. Le canzoni che scrivo e compongo parlano di fatti realmente accaduti nella mia vita, di scelte che per molti potevano rivelarsi sbagliate, ma ai miei occhi erano quelle giuste, e ad oggi ancora non me ne pento. Il secondo brano che uscirà a breve vi farà capire meglio queste parole.
Monorene, siamo arrivati ai saluti ed io ti ringrazio per essere stato con noi. Ora il finale spetta a te, puoi aggiungere ciò che vuoi: spazio alla fantasia! Ciao e a presto!
Vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato e tuttora mi aiutano nella crescita della mia carriera artistica, soprattutto quelle che hanno iniziato a seguirmi dopo l’uscita di “Nostalgico”. Sapere che gente sconosciuta si riconosce in quello che scrivo è una gran cosa. Un artista dopotutto dovrebbe puntare a questo, a numeri veri e reali. Purtroppo al giorno d’oggi la gente compra views e seguaci su qualsiasi piattaforma, e ciò può aiutare fino ad un certo punto. La musica è un’esperienza unica, e tutti i social del mondo non potranno mai competere con le esperienze live. Meno numeri, e più emozioni.