Una foto promozionale degli Zero.

Gli ZERO navigano sopra WAVES OF GRIEVES, SEAS OF REGRETS (Album)

«Voglio sentirli suonare dal vivo». È questo il pensiero che ho avuto al primo ascolto di “Waves of Griefs, Seas of Regrets”, il full-lenght album di debutto dei vicentini Zero. Uscito il 10 di Novembre per la Ghost Label Records, il disco è letteralmente una marea d’intensità. Nove tracce che, sebbene robuste e trascinanti, si lasciano godere come zattere lanciate sul flusso delle onde sonore che, in un qualche modo, gli Zero riescono a cullare.

Non fraintendiamoci: il disco è una bomba metalcore. Basso volumetrico, chitarra sfavillante, accenti ritmici che dalla batteria sono mitragliate, insieme con un graffio vocale potente e viscerale. Eppure il sottotesto dell’hardcore che anima “Waves of Griefs, Seas of Regrets” ha una tessitura delicata e armonica. È emozionale. E credo che l’architettura stessa del disco funzioni affinché le waves si allarghino a seas, come uno zoom al contrario.

Il sottotesto dell’hardcore che anima “Waves of Griefs, Seas of Regrets” degli Zero ha una tessitura delicata e armonica.

Innanzitutto, di nove tracce, la prima e l’ultima sono strumentali. Cavalcando l’immaginario cinematografico, l’apripista “Overwhelming Waves” funge esattamente come prima inquadratura del dettaglio. Acustica in principio, si allarga lentamente in accordo alla tastiera bianco nera che impregna da subito l’immaginario, che sarà poi quello del disco per intero, della densità dei colori che brillano solo se illuminati da dentro.

E gli Zero, dentro “Waves of Griefs, Seas of Regrets”, di luce ne fanno eccome. “Goodbye Brother Sea” si presenta subito come prima tra le altre sette creature agguerrite e in balia del pianoforte che, in fondo al basso padrone di questo pezzo, pare una liana appesa tra lei e l’onda appena trascorsa. Da subito si capisce che tra i quattro vicentini c’è un’amalgama sonora che sfiora la perfezione. Tutti e quattro gli strumenti arrivano puntuali, netti, forti e intensi. Produzione notevole, a mio avviso. E questo vale per tutti i brani.

Che siano più o meno ruvidi, i pezzi di “Waves of Griefs, Seas of Regrets” degli Zero sono inappuntabili.

Non ce n’è uno in cui qualcosa sembri stare fuori posto. Che siano più o meno ruvidi, più o meno inclinati verso il metallo, il punk o il progressive, i pezzi di “Waves of Griefs, Seas of Regrets” sono inappuntabili. Stare a descriverli uno per uno, come li ho ascoltati io, mi sembra un’azione fraudolenta nei confronti del vostro orecchio in ascolto di questo primo, brillante lavoro degli Zero.

Per cui, le inquadrature ampie, i carrelli che staffeggiano tra cassa e rullante, basso, miccia elettrica e voce, li do tutti in pasto alla curiosità. Chiudo il cerchio però, restituendo la fine di quello che è il mio film scritto dagli Zero. “Yearning Shores”, strumentale, è una gemma. Forse la più lontana dalle origini, è la canzone che rigenera l’onda e ci vuole sotto palco. Intanto, ci fa godere l’oceano. Ed è davvero bello navigato da dentro.

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ZERO

WAVES OF GRIEFS, SEAS OF REGRETS

12 novembre 2018

Ghost Label Record

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