Infatti il primo pezzo, “Catrame”, secondo singolo estratto che anticipa l’album, è già uno dei brani più forti del lavoro. La raison d’être di questo album è proprio quella di far capire che l’ultima casa accogliente nella quale possiamo rifugiarci è il nostro copro. Un corpo fragile, ma che è l’unico mezzo che ci consenta di viaggiare attraverso questo mondo, fatto da miliardi di altri corpi che noi chiamiamo umanità.
«Case che possono essere sia rifugi che prigioni, circondate da tante altre e tutte diverse, a formare questa enorme metropoli chiamata umanità. Più suonato che pensato, più bene di conforto che prodotto, questo disco è musicalmente il più libero che abbiamo mai fatto»
The Zen Circus
E proprio con questa premessa l’album si va snocciolando colpo dopo colpo, canzone dopo canzone. Segue “Appesi alla Luna”, primo singolo estratto. Impossibile non riconoscere gli arpeggi di Appino e il sound della band. E un po’ questo brano fa capire che ormai anche loro sono cresciuti. Non sono più i ragazzi di 20 anni fa e le esperienze cambiano loro come tutti, un brano forse più di pancia che di testa. “Come se provassi amore” inserisce un nuovo elemento nella musica di The Zen Circus, ovvero quello digitale. All’ascolto non è ingombrante, e sembra come se la band ne abbia sempre fatto uso. Elemento che segna un passo in più verso una maturità musicale che spinge questo lavoro oltre i limiti della band.
Manca la rabbia e la voglia di anarchia dei vecchi lavori che viene sostituita da un sentimento di quasi rassegnazione. Un rassegnazione positiva, che sembra ricalcare i passi dei membri della band facendo il punto della situazione arrivati a questo momento della vita. “Non” ne è un esempio perfetto. “Bestia Rara” segna un cambio di rotta verso sentimenti più scuri, specialmente musicalmente, dove gli elementi digitali si fanno più presenti, uscendo dalla sfera di comfort della band e raccontando una storia paradossalmente comune a molti.
«E cosa le potrei dire, a vent’anni non hai idea di come andrà a finire. Poi magari s’innamora di me, come in quel film, dai, ti ricordi qual è»
The Zen Circus
“Ciao sono io” riprende le tinte dei vecchi lavori, con la citazione iniziale a “Ritorno al futuro” che non è altro che una piccola perla all’interno di un brano che ci riporta a qualche anno fa. “Cattivo” ci accompagna verso la fine del lavoro vestendo i The Zen Circus di una nuova veste musicale, che definitivamente segna l’eterogeneità di questo album che a questo punto potrebbe essere definito come uno dei migliori lavori della band. “2050” è uno scorcio su un futuro distopico immaginato dalla band su una base piuttosto reale che ci porta infine alla title track “L’ultima casa Accogliente”
Che dire a proposito di questo brano? Oltre 6 minuti che viaggiano tra tonalità blues e bridge che potrebbero essere degni delle migliori canzoni di Franco Battiato. Praticamente il perfetto riassunto di un album che riesce a comprendere tutte le nuove sonorità sperimentate dalla band in questo lavoro e sviscerarle fino all’osso. Insomma, “L’ultima casa accogliente” è degno di essere considerato come uno dei migliori dischi della musica italiana in questo momento. Quello che resta è l’enorme voglia di voler ascoltare immediatamente ancora un nuovo album di The Zen Circus per scoprire ancora qualcosa in più.