Angela Nobile presenta "Niente di diverso" il suo nuovo singolo assieme a Dinastia
Angela Nobile presenta "Niente di diverso" il suo nuovo singolo assieme a Dinastia

ANGELA NOBILE: “Dobbiamo ricordarci che forse l’umanità è la cosa che potrebbe salvarci realmente”

Diamo il benvenuto su Music.it a Angela Nobile. Per rompere il ghiaccio raccontaci qualcosa di divertente o di imbarazzante che ti è successo in studio o su un palco.

Sicuramente me ne saranno successe tantissime. Una volta mi è caduto il microfono dalle mani mentre cantavo. Un’altra volta, mentre ero in apertura al concerto di J-Ax a Taormina ho parlato per 10minuti di X Factor, invece che di The Voice. Poi mi sono resa conto della gaffe e mi sono scusata col pubblico e anche con lui ma è stata proprio una cosa naturale. C’era un sacco di gente ed è stato piuttosto imbarazzante ma lui si è messo a ridere.

Parliamo di “Niente di diverso”. Come nasce questo brano e dove vuole arrivare?

Il brano nasce così un po’ per caso. Sono momenti in cui mi sento ispirata, uno stato d’animo proprio. È un pezzo molto autobiografico e introspettivo. Per quanto riguarda il dove vuole arrivare è chiaro che noi artisti quello che facciamo lo facciamo sperando di arrivare al massimo delle nostre possibilità. Anche con un po’ di scetticismo per non restarci troppo male nel caso. È un’autoproduzione ma noi cerchiamo sempre di dare il massimo nei limiti delle nostre possibilità. Io cerco di investire quanto più possibile in questi progetti e il risultato, ritengo, sia comunque molto buono e molto professionale. Questo perché ho la fortuna di lavorare con grandi professionisti, tutti siciliani. È una cosa che mi piace sottolineare perché credo molto nella sicilianità.

Il video di “Niente di diverso” è molto particolare, come è nata l’idea del video? Cosa vuole mostrare?

Io ero un po’ in confusione, devo dire, perché mi dispiaceva limitare tutte le idee che avevamo per colpa del covid. Però è anche vero che un singolo dovrebbe essere necessariamente accompagnato da un video interessante. Farlo Lyrics era in qualche modo svilente, quindi ci siamo dovuti inventare qualcosa. Il video è stato girato in due giorni e per evitare di contaminare troppi ambienti abbiamo preferito lo sfondo neutro. Il messaggio è che queste riflessioni e questi “problemi” che manifesto nel brano, in qualche modo, coinvolgano tutta l’umanità nella diversità più totale. L’idea era dimostrare di essere realmente tutti uguali, soprattutto davanti a problemi di qualsiasi natura: economici, di salute, amorosi e via dicendo.

Nel video ci sono delle figure che hanno, però, influito maggiormente nella realizzazione.

Sì, assolutamente. Ci piaceva, ad esempio, focalizzarci sulla figura dell’anziana perché ci sono delle categorie che davanti a tragedie come quella del covid, ad esempio, sembrano un po’ lasciate indietro. Io vedo negli anziani proprio una figura di speranza nel mondo di oggi. Io ho una nonna di 93 anni grazie alla quale mi sono potuta permettere di fare delle cose perché mi ha aiutato anche economicamente e non solo con la sua saggezza. L’Italia è un paese di “vecchi”, come dicono spesso però dovremmo riflettere sul fatto che l’anzianità del paese vada vista con la sua accezione positiva. Gli anziani sostengono il paese. Nonostante spesso vengano visti come un problema loro sono i veri pilastri del paese.

E per gli altri protagonisti del video?

E lo stesso discorso vale per la ragazza di colore che ha gli stessi identici problemi di una occidentale. Ma al giorno d’oggi sono visti come un problema maggiore, come qualcosa che sia negativo per il paese ecc. Non mi interessa parlare di politica, qui parliamo di vita e di esseri umani: tutti con gli stessi sentimenti e gli stessi bisogni a prescindere da tutto. Questo è il messaggio che volevamo trasmettere col video. Magari sarà anche un messaggio banale ma in questi tempi che siamo concentrati a risolvere l’emergenza sanitaria dobbiamo ricordarci che forse l’umanità è la cosa che potrebbe salvarci realmente.

Hai parlato di due argomenti interessanti che sembrano diventati secondari in relazione al Covid.

Sì, ci tenevo a sottolineare che non è più possibile fare questo scaricabarile sulle categorie più deboli tanto “non sono esseri umani”. No, questa è una cosa che non va bene.

Prima hai parlato del fatto che il tuo è un lavoro completamente autoprodotto. È una cosa molto importante che comunque lascia agli artisti anche una certa libertà di movimento.

Sì, in questi anni anche a fronte delle cose che ho fatto in tv, molti produttori ci hanno anche contattato e ci hanno proposto delle cose. Per me questo è un percorso, gli ultimi singoli che puoi ascoltare sono i miei e questa cosa mi ha dato la possibilità di decidere tutto di persona. Cosa che non è possibile con un produttore alle spalle che, comunque, potrebbe avere sempre l’ultima parola sul pezzo e anche sull’immagine di un artista. Poi è chiaro che un cantante riuscirà comunque sempre ad emergere e ad essere se stesso anche se vincolato. Ma per quanto mi riguarda questa estrema libertà mi sta permettendo di fare un percorso che anche adesso si evolve con altri brani perché noi siamo in continuo fermento.

Che è importantissimo.

Io poi ho la necessità di lavorare sulla mia musica al massimo e non riesco a mettere qualcosa in cantiere e a lasciarlo in un cassetto. Questo è possibile nei termini dell’autoproduzione perché siamo noi a decidere su cosa lavorare e su come andare a sistemare il brano ecc. Sono molto irrequieta, diciamo, e non ce la faccio a lasciare un brano incompleto o a tirarlo fuori quando sarà perché poi, nel mentre, magari ho già cambiato idea mille volte.

Sicuramente questa “irrequietezza” non si concilia con lo stop della musica degli ultimi mesi, no?

No, perché io ho anche bisogno che le persone mi diano un riscontro. Non solo chi se ne intende che può dire “questo potevi farlo così e questo potevi farlo così”; io ho bisogno anche della gente comune che ascolta e mi dice “sì, mi è arrivato” o “no non mi è arrivato”. Per me è fondamentale e ha un grande impatto quello che mi dicono gli ascoltatori meno “tecnici” perché riescono ad essere più spontanei. In questo momento è una cosa che mi manca.

Hai lavorato molto nel mondo dei musical. In Italia però tutto ciò che per certi versi è “teatro” viene sempre visto con qualche perplessità. Come vivi questa cosa?

Per me il teatro è una enorme passione. Però, ad onor del vero, devo dire che non ho molta esperienza dal punto di vista del movimento e da quello teatrale. È stato un gioco iniziato circa 6 o 7 anni fa quando col mio gruppo abbiamo messo su questa compagnia. Da quel punto abbiamo fatto diversi spettacoli, l’ultimo è “Rhapsody”, con le musiche dei Queen. La cosa è nata come un gioco, poi nel tempo ho scoperto che forse la recitazione è una cosa che mi appartiene anche se non mi sento di dire “sono un’attrice”, perché c’è chi realmente ha studiato per fare questo. Però è una cosa che ci piace ed è una realtà che ha una risposta abbastanza positiva, anche nelle scuole ed è una delle cose più belle. Io credo che l’arte equivale a un sogno e cercare di perseguire questo sogno in un paese come l’Italia è bello e difficile allo stesso tempo.

Che cosa secondo te si può cambiare?

Nel nostro paese l’arte in generale viene sempre vista come un passatempo piuttosto che come una professione; credo che la gente abbia bisogno di conoscere certe realtà e vederle messe al pari del cinema, della televisione e via dicendo. Il teatro merita un coinvolgimento a livello popolare così da portare le persone in sala a conoscere questo mondo. Bisogna coinvolgere tutti perché la gente ha bisogno di essere istruita al riguardo per conoscere il teatro così come conosce le trasmissioni in tv.

Quale è il tuo palcoscenico ideale? Il mondo dei musical o concerto con la tua band? Perché?

Ti direi concerto della band perché io nasco così. Però complessivamente mi risulta più facile il posto su un palcoscenico teatrale. Io che sono molto timida, quando sono su quel palco, ho la possibilità di esserci stando dietro a un personaggio falsato e teatralizzato. Questa cosa mi fa sentire più protetta e anche il fatto di essere sul palco con altri attori ti fa sentire meno sola. Quando sto su un palco per un concerto invece, anche se c’è la band con te, comunque sei Angela Nobile e stai cantando le tue canzoni. Sei tu completamente nuda. Non so se è così davvero, sono due cose diverse ma se mi dovessi sbilanciare direi che preferisco i concerti per una questione di origini.

Far uscire un singolo in questo periodo è un gesto coraggioso e anche rischioso. Tu come stai?

Io in questi mesi, da marzo a oggi, sono sempre stata molto attenta. Anche quando stavo con i miei amici al mare, abbiamo sempre rispettato le regole e via dicendo. Questo per la mia famiglia e una serie di motivi che mi hanno spinto ad essere sempre prudente. Io quindi non ho mai staccato l’attenzione da questa cosa. Sicuramente questi mesi mi hanno tolto un sacco di energia e chiedo spesso ai miei amici “voi ci pensate cosa stiamo vivendo e cosa racconteremo ai nostri figli e ai nostri nipoti”? Ormai ci siamo abituati ma è una situazione allucinante.

E come sta la tua musica?

Però in tutto questo la mia musica sta bene perché mi ha permesso di dedicarmi allo studio e al mio lavoro con più tranquillità. Prima ero piena di cose, probabilmente, futili che sommate a tutto il lavoro mi rendevano impossibile fermarmi a pensare alla musica. Spettacoli teatrali, concerti, dischi in uscita più gli altri lavori che faccio fuori dalla musica, non mi permettevano di mettermi con lucidità davanti allo studio. Io ho sfruttato il tempo in maniera regolare per avvicinarmi più direttamente alla musica. Allo studio della chitarra e quindi questo lockdown per certi versi mi ha permesso di crescere. Certo, ho ancora molto da imparare, ma ho imparato ad esprimermi meglio e a seguire più da vicino la musica.

Quale è, secondo te, il ruolo dell’arte e della in questo periodo storico? Pensi che possano aiutare le persone a stare meglio?

Secondo me si perché sono come dei piccoli lavoretti, delle piccole cose da fare e per le quali bisogna “prepararsi”, secondo me fanno bene. Che si affacciarsi dal balcone a cantare o che sia preparare l’arcobaleno da disegnare, sono cose che in qualche modo aiutano e ci fanno tornare bambini. Le attività considerate “infantili” sono cose ormai totalmente scomparse, perché la vita ci porta ad essere adulti già a 10 anni, sono secondo me indispensabili. Ci distraggono e ci fanno entrare in quel mondo magico dell’arte e della musica che per un po’ ci fa dimenticare tutto. Credo sia impossibile non trovare beneficio da queste cose, perché ci fanno tornare bambini e ci distraggono temporaneamente dai problemi della vita.

Secondo te quale sarà il futuro della musica?

Io sono dell’idea che si tornerà in qualche modo verso una situazione più di nicchia. C’è stato un momento in cui gli artisti sono stati valutati in base ai loro profili social e alle cose che condividono on-line. Io sono certa che tornerà di moda e diventerà un figo quello che non ha Instagram, non ha i social e nemmeno il cellulare. Secondo me ci stancheremo di tutto questo ostentare e riscopriremo i personaggi più di nicchia. Ormai la bella musica e il Bel Canto non vanno più; se uno ha talento ma non rispecchia le mode del momento, secondo me se vale veramente è destinato a tornare e a rimanere sulla scena.

Le cose stanno cambiano?

La scena cambia, ora ti faccio un esempio: io ho 34 anni e con la band ci stavamo preparando per Sanremo Giovani. Quest’anno il regolamento è cambiato e hanno abbassato il limite di età da 36 a 33 anni. Noi eravamo pronti ma non ci è stato possibile perché, in sintesi, ci hanno detto “siete vecchi. In Italia in questo momento ci sono i giovanissimi con migliaia di follower sui social e hanno il loro spazio. I giovani fino ai 25 che ne hanno altrettanto. Adesso gli over ’60 con The Voice hanno anche loro trovato il loro spazio. Noi che siamo nel mezzo siamo vecchi e siamo esclusi dai talent e dai concorsi. Diciamo che ci vorrebbe un po’ di meritocrazia che, francamente, molti della mia età meritano.

Fa riflettere questa cosa, anche perché l’età non è che pregiudichi il talento, no?

Certo, sicuramente poi su un palco come quello di Sanremo ci vuole anche una certa maturità artistica che a 18 anni, sicuramente, non puoi avere. Serve molta esperienza che viene fuori con i live e con la gavetta, quindi un diciottenne che sale sul palco dell’Ariston non credo possa avere tutta questa esperienza come qualcuno di qualche anno più grande. Io ho avuto modo di suonare in certe situazioni allucinanti: con problemi audio, con musicisti che sbagliavano le tonalità, senza casse spie. Sono state tutte cose che mi hanno insegnato come stare su un palco nonostante tutti i problemi. Io sono riuscita ad affrontare di tutto, col tempo, un ragazzo di 18 anni non può avere questa esperienza perché non ne ha avuto il tempo e non ha avuto modo di fare gavetta. Se riesci a fare il tuo spettacolo in diretta, davanti alla gente e senza farti capire dalle persone, impari qualcosa e la prossima volta sei pronto per affrontare un problema del genere. Fa parte del bagaglio di esperienza che ogni artista dovrebbe avere.

Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”. Che puoi dirci?

La domanda è: sto facendo la cosa giusta?
Mio padre diceva sempre che ci vuole più coraggio a fermarsi e ad accettare di non essere in grado piuttosto che perseverare. Ci vuole più coraggio a dire basta. Io mi domando spesso se questa mia insistenza mi sta portando a fare la cosa giusta. Oggi dopo questa chiacchierata con te, sarà anche che sono presa bene nonostante la pioggia, mi rispondo “sì, sto facendo la cosa giusta”. Sono certa che mi porterà a qualcosa, anche se dovessi prendervi per sfinimento.

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