Un vicolo cieco, reticolato di disillusi dialoghi e voci interiori, costituisce il primo dei 4 brani contenuti in “Hush beyond the Storm”. È l’inizio ma anche la fine, “Dead End Street” again, this is the end. Un vicolo cieco che diventa, nel secondo brano “Tidal Bore”, una marea controcorrente e – per citare la lirica – un oceano di tempi migliori. Risacche di ricordi si ingolfano tra le scogliere di un passato che oggi lascia solo qualche domanda. Dopo un abbandono su una riva poco confortevole, “Words and Deads” non viene certo a rassicurarci. Ma come si dice? Dopo la tempesta arriva il sole nell’opera dei Nasby & Crosh. Ecco che il quarto brano “Yet to be done” apre uno spiraglio di luce lasciando entrare i raggi della consapevolezza di fronte a uno specchio pragmatico che in qualche modo ci tende una mano.
Si conclude la burrascosa trilogia dei Nasby & Crosh con l’EP “Hush beyond the storm”
La tempesta finisce e si adagia su archi e armonie corali. E se il progressive italiano si rinomina spaghetti prog, il new folk dei milanesi Nasby & Crosh potrebbe strizzare l’occhiolino all’espressione spaghetti folk. Popolare come i canti del Volk dei bianchi nordamericani, folklorista come la tradizione anglosassone, un divenire senza confini che si espande oltre i mari. Nonostante la lirica scavi nelle piaghe più insaziabili dell’Io, le sonorità rimangono contrastanti espandendosi in una atmosfera che alterna chitarre acustiche a sintetizzatori. Con “Hush beyond the storm” la tormenta si esaurisce in un turbinio un po’ ripetitivo che non risponde forse a tutte le domande.