L’ oscurità che aveva caratterizzato il loro esordio cominciava ad incrinarsi, rivelando, fra le crepe, sprazzi solari, pur immersi in una conturbante psichedelia (“Amore – 003 e 009”, ma anche la finale “Guerra”). Il loro nuovo album, “Fiori Recisi”, uscito il 6 Marzo, si trova alla fine di questa evoluzione. Con questo lavoro, Il SIlenzio delle Vergini si affranca ulteriormente dalle sonorità cupe per premere l’acceleratore sul versante psichedelico e sul ritmo.
“Fiori Recisi” è un altro interessante tassello nell’evoluzione de Il Silenzio delle Vergini, tutto orientato sulla psichedelia
Il sound è più accessibile, addolcito da venature pop, capace di avvolgere e stranire l’ascoltatore anche grazie all’uso di registrazioni tratte da capolavori del cinema. La cura del comparto tecnico è indiscutibile, e ogni traccia, dalla più noise alla più orecchiabile, ha la sua distinta personalità. Per quanto riguarda le tematiche, è difficile afferrarne in un album praticamente strumentale. Amore e odio, vite umane dolorose e felici si agitano davanti allo schermo della mente come pure immagini, senza trovare una spiegazione che le sottragga al lisergico mistero che le ha prodotte.
Ciononostante, abbandonarsi a questo lungo flusso di coscienza è un piacere. “Fiori Recisi” si apre su un dittico sulle relazioni d’amore, “Non ho più paura” e “Cuore di Farfalla”. Due tracce che hanno il sapore fresco e reale dei ricordi e della vita vissuta, bruscamente interrotte da “Mental Code”. Veloce e squadrato, appena limato da cori femminili, questo brano sembra riportarci alle sonorità degli esordi, ma è in realtà solo un breve intermezzo.
Le tracce di “Fiori Recisi” respirano nuova vita dentro le citazioni che le percorrono, reinterpretandole tramite il commento sonoro
“Radici di Paradiso” riprende il discorso esattamente dove era stato lasciato, lasciando carpire frammenti di una relazione immatura e totalizzante. “Voglio amore o morte, e basta”, sussurra la voce di Mathilde, protagonista del famoso film “Lèon”, poi si perde nel nulla. Di conseguenza, la seguente “Necessità” ritorna a giocare su questi sprazzi inquietanti, tornando su sonorità più ossessive. “Cenere” trasfigura una drammatica poesia di Edgar Lee Masters in un monologo degno di Euripide.
Così anche il trittico finale traghetta l’ascoltatore in un caleidoscopio di citazioni, che la musica plasma e interpreta, commentandole. L’impressione finale dell’album è perfettamente rappresentata dalla traccia finale, “Il Treno dei Desideri”. Sebbene si tratti di un album ricco, fatto di chiaroscuri, a un tempo drammatico e solare, ossessivo e delicato, ciò che resta alla fine del viaggio è un senso di catarsi, che ha in sé la consolazione di una forte umanità. “Fiori Recisi” è davvero un ottimo lavoro. Se, in questo momento di totale chiusura, voleste farvi un viaggio senza uscire di casa, non vi resta che farlo partire.