Cliché è un disco dinamico e leggero, sinuoso e complesso, costruito con gran classe a sradicare il cliché dai suoi significati
Cantato in inglese, “Cliché” apre il sipario con “Tell Me The Truth”. Brano apripista in cui il groove funk si veste di una sensualità che fa muovere le dita, le spalle e le anche mentre si celebra il bisogno umano di trovare comprensione. I’m ready to listen, tell me the truth. Con questo primo brano, Kape, mette scopre subito le carte del suo Cliché. Sebbene sia il funk ad essere colonna portante del brano e del disco tutto, qui si avverte già un lavoro teso a sradicare il cliché dai suoi significati. Il ritornello è infatti di un ampio respiro colorato, staccando il ritmo delle strofe senza perderlo mai.
Si passa a “Black Coffee”, unica certezza del mattino insieme alla strada della vita che tutti percorriamo persi nella traduzione dell’esistenza che è la vita. Brano dalle atmosfere rarefatte in cui le suggestioni folk rendono il brano sinceramente godibile. Si passa alla – quasi – title track, “Cliché Dance”, in cui si rintraccia un tentativo di meta-comunicazione. Qui, ricercatezza sonora e lirica sfondano in punta di piedi, il cliché della musica danzereccia mainstream contemporanea. Archi, chitarre grunge, synth analogici e ispirazioni disco anni ’70 accompagnano divertenti nonsense linguistici che dimostrano la cura attraverso cui Kape scrive e confeziona i suoi brani.
Qui, ricercatezza sonora e lirica sfondano in punta di piedi il cliché della musica danzereccia mainstream contemporanea
Ci si ferma con “Red”, una delicata e malinconica ballata dal gusto rétro e dalle chiare atmosfere soul e r’n’b. Arriva il motown a dirigire il percorso di “Girl, you know”, coinvolgente brano dalle tinte stewiewonderiane – per intenderci – e che pure rilascia una sua propria luce che ne illumina il funk. Ancora il funk a scatenare i fianchi con “After the Moonrise”, brano gravido di suggestioni sonore e liriche. Di impatto immediato, è invece il lamento “Screaming Out”, in cui l’impiego del rhodes dà una tinta rosa antico al blues della ballata. A seguire, “I want to be”, altro brano complesso e super funk, in cui i non-sense linguistici la fanno da padrone assieme alle ritmiche del sound, più potenti e coinvolgenti che mai.
“Monday Party” è stato il singolo che a novembre ha anticipato l’album e ha cominciato a navigare per le frequenze radiofoniche italiane. Brano di grKapeande impatto sonoro, ricorda un poco la dance britannica degli 80’s, un po’ alla New Order, pur mantenendo la sua identità e convogliando nel funky-mood che caratterizza “Cliché”. Si chiude con “I Got to Believe”, brano in cu igià il titolo dispiega la bellezza di cui si colora la speranza. Musicalmente, le tastiere la fanno da padrone con una batteria che ne cavalca la melodia. Compositore di gran classe e dal gusto raffinato, Kape è tutt’altro che un cliché.