Secondo album di Alfiero, “Un genere solo” è un miscuglio di emozioni, riflessioni e racconti dai quali scaturisce una timida sensibilità
Ad esempio, è dal suo lavoro come educatore in una casa famiglia per minori che nasce “Mare”, a seguito dell’incontro di una bambina africana giunta in Italia dopo il viaggio nel deserto e in mare. “Torta di mele” è invece dedicata ai ricordi di un viaggio in compagnia di chi amiamo. C’è anche “Non mi lamento”, ispirata da chi affronta periodi difficili non commentando mai il dolore che stanno subendo. Oppure “Corriamo”, che apre l’album, sulla fretta in cui tutti viviamo la nostra vita rischiando di perderci. L’umanità a cui si ispira Alfiero è d’altronde esplicita nel titolo dell’album: “Un genere solo” raccoglie storie diverse come le idee musicali che le accompagnano; e proprio la varietà umana e musicale di queste storie vuole essere metafora della ricchezza della nostra umanità, nella canzone dal titolo omonimo che si trova alla fine dell’album.
Seppur la sperimentazione di Alfiero si mantenga sempre in superficie, “Un genere solo” è un album che nella sua semplicità e umiltà funziona
Con questo secondo album, Alfiero conferma la sua curiosità a sperimentare ritmi differenti che già si era intravista in “Arancione”. La sua ricerca, certo, non scende mai in profondità, limitandosi sempre ad un gusto momentaneo. Anche i testi e l’uso della sua voce ricalcano modalità consuete nel panorama indipendente (e ricordano certe affinità con lo stile di Giovanni Truppi). “Un genere solo” è un album che, nella sua semplicità e umiltà, funziona proprio perché non vuole pretendere troppo. E si può concedergli anche il privilegio di qualche originalità poiché, a differenza di altre proposte indipendenti, vi si percepisce la personalità di un giovane cantautore curioso, sensibile, e che ha necessità di dar voce e condividere la propria sensibilità.