«Per l’artista che non si muove in superficie, il rifiuto dell’amicizia non è soltanto qualcosa di ragionevole, ma è un’autentica necessità. Poiché il solo possibile sviluppo spirituale è in profondità. La tendenza artistica non è nel senso dell’espansione, ma della contrazione. E l’arte è l’apoteosi della solitudine».
“Alone vol. 1”, il nuovo disco di Gianni Maroccolo, fondatore dei Litfiba ed ex C.S.I., compositore multilingue e produttore, è uscito il 17 di dicembre per la Contempo Records.
Parlare di quest’album al diminuire degli strascichi delle polemiche del Festival di Sanremo è un tentativo di fornire e segnalare una possibile cura, una penisola diversa, un ponte che affaccia all’altrove. Largo cinquanta minuti, abbraccia in tutto sei epicentri. Sei brani che sono sei mondi diversi e simultanei, lontani dalle vetrine più moderne e luccicanti del panorama contemporaneo.
Il passo in apertura è tratto da “Proust” di Samuel Beckett, che scrisse a soli 25 anni, in difesa – ma non solo – de “Alla ricerca del tempo perduto”. Aveva intuito che Marcel Proust sarebbe divenuto testimone della modernità, del disastro. Che cent’anni più tardi, per contrastare il malefico “Nothing” avremmo avuto bisogno di ri-trovare l’interiorità, rendere degno il dubbio umano per capire che non c’è Io senza un Tu.
Completando la metafora tornando alla musica, Gianni Maroccolo ha fatto di “Alone vol. 1” il disco di cui oggi, qui, si avrebbe bisogno. Perché i linguaggi adoperati per tutte e sei le tracce vanno oltre l’intelligibilità, oltre la conoscenza. Sono molteplici e profondi. Psichedelici, visionari, tribali e sperimentali. Ma sono soprattutto intensi, esperienziali, emozionanti e viscerali.
Gianni Maroccolo ha fatto di “Alone vol. 1” il disco di cui oggi, qui, si avrebbe bisogno.
A meno che non si voglia condividere un silenzio puramente energetico, silenzio mistico a tratti e
leggermente violento, “Alone vol. I” non andrebbe ascoltato con gli amici. Pretende la solitudine delle cuffie. E forse anche il buio perché permette di arrivare lontano, raggiungendo e ritrovando l’ignoto e anche il proprio tempo perso. È un album che va ascoltato per prendersi cura di se stessi. Probabilmente sono stati lo gnu dell’artwork in copertina di Marco Cazzato e i racconti paralleli di Mirco Salvadori a creare il fertile humus della beata solitudine. Beata davvero perché contemplata, bramata e al solo fine di riuscire a comprenderla negli altri. Lo stesso Marok non ha lavorato solo. Ospiti speciali: il cantautore Jacopo Incani, meglio noto come Iosonouncane.
Con lui, Marok ha realizzato la verdissima “Tundra”. Oltre 17 minuti di spazialità sonora e temporale senza riserve. Un disco nel disco. Elettronica, jazz, tribalismo, rock, ambient. Una giungla laddove sorge la tundra. C’è poi Stefano Rampoldi, il caro Edda che presta il suo talento per “L’Altrove”, brano caldo, esotico e cantato. Come “Sincaro”, la penultima canzone, che pure ospita la voce di Luca Swanz Andriolo e che fa esplodere il cuore in un moto di commozione e ringraziamenti.
Questo solitario è il solo primo dei quattro che a cadenza semestrale verranno pubblicati e rilasciati per il mondo. Più un quinto. Un volume zero che la Contempom Records distribuirà in edizione limitata ai soli abbonati al progetto di Marok. Anche questa possibilità, del resto, amplifica la portata culturale e trascendente del progetto.
D’altro canto si è «alone, to be continued». Ed è questa l’unicità dell’essere vivi.
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GIANNI MAROCCOLO
ALONE VOL. 1
17 dicembre 2018
Contempo Records
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