E viaggiare non significa solo, fisicamente, ma anche con la testa. Sì, perché come hanno raccontato i Campos, si tratta di una raccolta di storie di viaggiatori, probabilmente ormai dimenticate a tal punto da renderne i contorni poco definiti. Questi contorni vengono ridefiniti grazie dalla band che grazie all’ottima scelta delle parole e al connubio con le atmosfere create in studio, rendono ogni brano una piccola poesia per le orecchie e per la mente.
Prendetevi una pausa, mettetevi le cuffie e provate solo ad ascoltare
Non è semplice raccontare i brani di questo lavoro, che sono un po’ mito e un po’ fantasia, ma che allo stesso tempo si rifanno alla radice umana e ci restano attaccati, facendoci scoprire forse di volta in volta un pezzetto in più di noi stessi. Non è un disco che può essere ascoltato distrattamente. Sicuramente le atmosfere di “Latlong” potrebbero confarsi a fondo di una conversazione, ma non si sarebbe in grado di apprezzare fino in fondo le mille sfaccettature sonore. L’ascolto infatti è consigliato prevalentemente in cuffia. Prendetevi una pausa, magari a fine giornata. Mettete le cuffie in testa e perdetevi per quaranta minuti in questo gioco di suoni e colori.
Come detto precedentemente, senza passare a un lungo e tedioso “track by track” dell’album, che porterebbe via anche della magia dei brani, andrò a fare solo qualche nome. “Sonno”, singolo estratto e brano di apertura, è sicuramente uno dei brani più forti dall’album. Il video estratto riesce a racchiudere perfettamente l’espressione che ne hanno fatto i Campos. Sarebbe bello riuscire a vedere il videoclip di ogni brano dell’album “Latlong” per avere un immagine concreta di quel pensiero.
“Latlong” è un lavoro che fa acqua da tutte le parti
Tra gli altri brani spiccano anche “Arno” e “Blu”. La prima solo strumentale, che riesce a far quasi da intro alla seconda. Colpiscono perché rappresentano uno strano dualismo, dove si passa dallo scorrere senza pensieri di un fiume, ai mille problemi del mare, che non da punti di riferimento. come ha detto la stessa band “È un disco che fa acqua da tutte le parti“, in senso buono. Sì, perché l’acqua è quasi un elemento costante all’interno dell’album. Anche i suoni contribuiscono a dare sempre questa vaga sensazione di liquidità, quasi di annegamento.
“Mano” è un altro brano che vale la pena ascoltare e interpretare, almeno un paio di volte. Cambiano le atmosfere e la liquidità di cui abbiamo parlato poco fa, va quasi a farsi benedire. A proposito di benedizioni: “Paradiso”, ultima traccia dell’album, è forse il brano che si distacca di più dall’intero lavoro. Lascia l’ascoltatore con un sentimento di quasi speranza, chiedendosi: “Alla fine morire ogni tanto è poi così male?”. Un album da ascoltare tutto d’un fiato. Alla fine, non pensate che l’ultima traccia sia così lunga per un errore di produzione… Bau!