C’è coesione nelle dieci tracce di “Road Sweet Home” di Giulio Larovere. L’album si apre col folk-pop di “Paper Bag”, per poi passare a “To See Lonley Heart”, uno dei due singoli di lancio del disco. Tra le sonorità più southern del brano spiccano gli organi Hammond e i sax. Il terzo brano “Why Live in Hell” raggiunge l’apice energetico, con rimandi ad elementi più rock e band del calibro di ZZ Top. “What’s the Use of Being Free” è un altro dei pezzi forti del disco. Il dialogo tra la voce ed i fiati funziona particolarmente bene, il brano tira. La seconda parte del disco si carica di toni più pacati e pop, con brani come “Like the WInds”, “Rambling Boy”, “Then Now” e l’altro singolo estratto dall’album, “Rain”.
La ricerca sonora gioca molto sull’utilizzo di strumentazione analogica, ampli a valvole e nastri. Nonostante questo, “Road Sweet Home” di Giulio Larovere è un disco che risulta piacevolmente moderno
“Road Sweet Home” di Giulio Larovere è stato realizzato con l’intento di investigare le sonorità della tradizione rock anni ’60 americana. La ricerca sonora gioca molto sull’utilizzo di strumentazione analogica, ampli a valvole e nastri in stile The War On Drugs. Nonostante questo, “Road Sweet Home” è un disco che risulta piacevolmente moderno è che non si limita all’imitazione pedissequa del sound dei bei vecchi tempi. Gli arrangiamenti sono ben pensati, sicuramente anche grazie all’aiuto di Giuliano Dottori che ha curato la pre-produzione dell’album. Giulio Larovere si rivela essere in possesso di una maturità artistica tutt’altro che trascurabile, nonostante siamo alle prese col primo album del cantautore. Mi auguro che di Giulio Larovere si torni a parlare presto.