Una foto che ritrae il gruppo Leda
Una foto che ritrae il gruppo Leda

L’inutilità del necessario in MEMORIE DAL FUTURO, l’album d’esordio dei LEDA.

“Memorie dal Futuro” è il titolo dell’album che segna uno degli esordi più interessanti di questa primavera. Si tratta del primo disco dei Leda, formazione alternative rock marchigiana che il 12 Aprile, per il Piccio Records, ha consegnato al mondo un gioiellino imbevuto della  fragranza della produzione indipendente. I Leda sono quattro. Tre uomini e una donna, tutti musicisti.

Si incontrano nell’inverno del 2017 e nell’Agosto del 2018 registrano i brani che saranno le “Memorie dal Futuro” nell’Indipendente Recording Studio di Matelica. Ascoltandoli, mi sono domandata se la chitarra elettrica di Enrico Vitali, quella acustica, il synth e la voce di Serena Abrami, la batteria di Fabrizio Baioni e il basso di Mirko Fermani avessero suonato così bene in accordo da sempre.

Se la scrittura del disco abbia goduto di una stagione splendidamente buona. “Memorie dal Futuro” è un album intenso ed emozionale. Diretto, è un viaggio sonoro che spinge il suono lungo il corpo degli undici brani in cui lo spazio si estende e contrae senza rompersi le ossa. Sono memorie a cui batte il cuore, quelle dei Leda.Vengono dal futuro e sembra che siano intuite e restituite come tracce.

Musica e testi, infatti, si fondono senza confondersi regalando un lavoro coeso e aperto. Pulito, quanto ruvido. Il sound del disco ricorda quel rock alternativo degli anni ’90 italiani. Da sonorità post-grunge all’alternative che suonava in Italia vent’anni fa. C’è il guizzo dei Prozac+, la grazia dei C.S.I. L’intimità delle lyrics, scritte da Serena Abrami in collaborazione con lo scrittore Francesco Ferracuti riflettono (sul)la quotidianità, offrono una possibilità di riflessione per immagine.

“Memorie dal Futuro” dei Leda è un album intenso ed emozionale

L’influenza della new-wave è in tal senso incisiva, proprio rispetto all’impatto emotivo e sonoro che il disco procura. Il brano che a mio avviso raccoglie tutto l’immaginario di cui “Memorie dal Futuro” è nutrito è “Nembutal”, il quinto. Intenso, oscuro e profondamente umido, il pezzo è esemplare della capacità spaziale di cui i singoli strumenti fanno uso per accordarsi tra pause e accelerazioni del polso. La voce è vitrea e incisiva come lo scorrere di un ruscello.

Le distorsioni della chitarra lanciano guizzi che sembrano macchie d’inchiostro. Intanto, le pelli si accordano secondo il ritmo che è organico e dinamico e che pure arriva ai sensi. Il basso è nero, anche dove batte il sole. Sincero e ricercato, “Memorie dal Futuro” dei Leda è un disco d’esordio contemporaneo perché coniuga con attenzione la ricerca alla “memoria”, il quotidiano come scarto o avanzo dei sogni, soprattutto se fatti di giorno. Un disco, insomma, che è un ottimo esordio.

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