È quella cosa che tutti evitano, tutti cercano di essere migliori, di essere unici. Con “Ci Pesava”, invece, questa giovane band si inserisce prepotentemente nel panorama rock underground italiano urlando in faccia al mondo che la normalità fa parte dell’essere umano.
Il primo album de I Boschi Bruciano racchiude tutto quello che questi ragazzi avrebbero voluto urlare in faccia a chiunque
Sbagliare è umano, perdere è umano, rassegnarsi è umano. Questo è il punto focale di un gruppo che alza la voce e inizia a farsi strada. Il loro primo album, di 12 tracce, racchiude tutto quello che questi ragazzi avrebbero voluto urlare in faccia a chiunque da una vita. Parliamo di Pietro e Vittorio Brero, Giulio Morra e Maurizio Audisio. Con questo primo disco escono allo scoperto, forse anche esagerando un po’; ma sbagliare per loro sembra non essere nè un problema, nè tanto meno una vergogna.
Le 12 tracce che compongono l’album non hanno la presunzione di voler assomigliare a nessuno. Potremmo star qui a discutere di come una cosa o l’altra ricordi band come Fast Animals And Slow Kids, Ministri, o ancor di più i Gazebo Penguins, ma in fondo chi non somiglia a qualcun’altro? Un genere che vacilla tra il punk rock e l’alternative metal, dove in tutto l’album si amalgamano perfettamente i suoni puliti e quelli distorti. Tutti scelti con cura, studiati a tavolino per trasmettere l’esatta sensazione voluta.
Un genere che vacilla tra il punk rock e l’alternative metal
Nei testi si sente la presenza di un disagio esistenziale, un disagio che racconta di come è difficile stare al mondo ma allo stesso tempo di quanto sia semplice affrontare la situazione. Un po’ come quando vai a lavorare di domenica. Tra le tracce migliori, a mio parere, troviamo “Polvere, “Odio” – seppur troppo lunga – e “Jet Lag”. Come anticipato non è un lavoro privo di imperfezioni ma, per essere al primo disco, I Boschi Bruciano promettono davvero molto bene.
Se dovessi scegliere tra le note dolenti – e devo farlo – inserirei al primo posto la scelta di inserire ben 12 brani nel disco. L’identità della band è ancora un po’ acerba, e alcune canzoni come “Mi Spegnerò” forse si discostano troppo dalla strada che la band cerca di tracciare. La definirei indecisione. Un’indecisione che comunque non danneggia in maniera irreparabile l’esito più che soddisfacente di questo lavoro. Troppi brani per un primo disco, e alcuni troppo lunghi.
Un genere che spesso riesce a comunicare forse solo la metà delle sensazioni che si percepiscono in un live
In finale direi che questo è il genere di musica che serve ancora alla scena italiana. Sono pochi i gruppi che scegliendo la nostra lingua per esprimersi riescono a portare avanti un progetto senza scadere nel banale o nel “già sentito”. Ora la prova del nove sarà ascoltarli live, perché meritano di essere ascoltati live. Questo è un genere che spesso riesce a comunicare forse solo la metà delle sensazioni che si percepiscono in un live. Quindi sarò presente per verificare se davvero ci sono le potenzialità per spaccare ogni palco. Mi auguro vivamente di si!