Ascoltare “A Possible Human Drift Scenario” è come entrare in una caverna, perdersi nella sua penombra ed aspettare che l’occhio della mente si abitui all’oscurità. Nella più totale solitudine, saranno le proprie paure, i pensieri e le debolezze ad entrare in scena. Ormai prigionieri, la reazione sarà quella di scavare dentro di sé e squarciare il velo della verità, rovesciando ogni prospettiva, ogni illusoria realtà. Reagire e prendere coscienza, il ritorno degli En Declin non è frutto del caso, ma di una sentita necessità di espressione e di una possibile salvezza.
Ascoltare “A Possible Human Drift Scenario” degli En Declin è come entrare in una caverna, perdersi nella sua penombra ed aspettare che l’occhio della mente si abitui all’oscurità.
La band romana ha sempre creduto in questo progetto musicale; infatti “A Possible Human Drift Scenario” nasce dalla volontà di tre tenaci guerrieri che sono Andrea Aschi (chitarre), Marco Campioni (batterie, programmazioni) e Maurizio Tavani (voce). Sin dalla prima traccia intitolata “It’s Time To Give It The Boot” un oscuro progressive rende l’atmosfera sommessa e una particolare sensazione di riservatezza. Nel finale di questo primo brano si percepisce subito quella luce tenue e rassicurante che corre in tutto album fino ad arrivare al brano di chiusura “Another Day In Paradise”.
“A Possible Human Drift Scenario” vede dieci brani di Dark Rock dalla malinconia ombreggiata e dal forte impatto emotivo. Questo è un lavoro ricco di riferimenti musicali che vanno dagli Anathema fino al pathos dei Tool e Klimt 1918. Senza ombra di dubbio gli En Declin ripartono nel modo giusto, con una particolare attenzione alla partecipazione dell’ascoltatore e al rispetto delle proprie emozioni.