Le tre tende verdi dietro lo spazio scenico su cui si sarebbero esibiti Giardini di Mirò e Massimo Volume si fanno guardare con aria interrogativa. Sono rimaste apparentemente inutilizzate sul palco per entrambi i concerti. Di certo sono state testimoni di un’altra serata di altissima musica nel ventesimo giorno del festival “Villa Ada – Roma incontra il mondo”. Una serata all’insegna dell’alternative-rock quella di domenica sera. Gli anni ’90 d’Italia sono stati davvero floridi per un genere tanto disturbante quanto evocativo. La psichedelia strumentale dei Giardini di Mirò è stata accompagnata da un disegno luci riempitivo della presenza scenica della band. Da veri e propri architetti del suono hanno coccolato le orecchie del pubblico dall’inizio alla fine.
Il post-rock è quella cosa che i Giardini di Mirò sanno fare davvero bene. Ricostruiscono gli effetti elettronici a partire dall’acustico. Accade quando la tromba e il violino di Emanuele Reverberi, così come il clarinetto e il sax di Mirko Venturelli sfumano e si confondono nelle tastiere di Luca di Mira. Accade quando violino e chitarra si rincorrono in duetti che sanno di contrappunti agonistici. Tra sfumature epiche e noir, il pubblico è coinvolto e catturato a pieno dai Giardini di Mirò. Indeciso se perdersi o se non lasciar passare neanche una sfumatura delle loro impalcature sonore.
Psichedelia e ricerca sonora sono il cuore del post rock dei Massimo Volume e dei Giardini di Mirò
I Massimo Volume iniziano a infiltrarsi a partire dall’ultima traccia dei Giardini di Mirò. Anche in questo caso il concept è stato guidato da un disegno luci eccezionale. Il timbro inconfondibile di Emidio Clementi ha un effetto magnetico sul pubblico. Proprio come i cantastorie, ha smosso emozioni ed evocato ricordi. Tutti i brani che hanno composto la setlist di domenica sera sono frutto della mente di un visionario molto cerebrale. Come le linee ritmiche e melodiche che fanno depositare ordinatamente l’una sull’altra, eleganti.
In brani come “Amica Prudenza”, “L’ultima notte del mondo” e “Nostra Signora del Caso” (dall’ultimo album “Il Nuotatore”, di cui questa è la recensione) sono dosati con sapienza immagini oniriche e crudo realismo delle pulsioni e dei sentimenti. I Massimo Volume suonano anche in modo cerebrale e distaccato. Per i loro live stravedono gli amanti del minimalismo, della precisione maniacale e della psichedelia. Al fatto che sono rimasti in tre a sostenere il peso dell’esecuzione, le stratificazioni sonore sono tese fino al punto prima di smagliarsi. Non è accaduto sul piano dell’esecuzione, che è stata pulitissima. La platea era caldissima, il palco quasi asettico.