“Ipocriti di merda” è anche il primo singolo estratto dal disco, che ne anticipa l’uscita, abbastanza diretto e pungente, così come le parole del testo. Il filo logico che unisce le nove tracce del disco è proprio la lotta verso l’ipocrisia, che certamente non miete vittime, ma alimentandosi genera mostri. “Clown” segue questa linea, aggiungendo quel senso di autoaccusa per non riconoscere le diverse sfaccettature del proprio carattere, nascondendo inferno e paradiso dietro una maschera.
Andrea Cassetta vira verso il punk, ed i concetti espressi nelle nove tracce del disco sono ben chiari
In “Schiavi in libertà” viene puntato il dito verso l’assoggettamento al denaro, al consumismo ed al bisogno continuo di accrescere i propri averi, senza ritegno. Non vengono risparmiati nemmeno i finti snob che si aggirano tra i cantautori, acclamati da recensori amici, pronti ad accrescerne le doti (”La scena underground”). Trovandoci, così, a scrivere del disco del cantautore Andrea Cassetta, e non conoscendolo di persona, la nostra recensione mira ad essere il più obiettiva possibile.
Battute a parte, siamo d’accordo che nel mondo della musica sono presenti pseudo artisti e finti poeti, ma noi cerchiamo sempre di non farci ingannare. Non è sicuramente il caso dell’artista romano e del suo “Di cattivo gusto”, che ci lascia una bella sensazione volendo legarci solo all’ascolto della musica. Poi, riguardo i testi, li ascoltiamo attentamente e ci ritroviamo in tanti pensieri espressi in essi, consapevoli di ciò che avviene tutt’attorno a noi ascoltatori.
“Di cattivo gusto” è un lavoro di pancia, senza giri di parole o fraintendimenti
Nel brano “Quello che penso” si parla fuori dai denti, e Andrea Cassetta si rivolge a un non meglio specificato interlocutore, colpevole di ostentare presunzione. La triste consapevolezza di non vivere in un mondo perfetto, e l’amarezza nel constatare le ingiuste difficoltà, è cantata nella rockeggiante e penultima traccia, “Shock”. L’album si chiude con “Radio feccia”, forse una delle canzoni più dirette e crude dell’album, in cui i termini usati nel testo non lasciano fraintendimenti. Finito di ascoltare tutti i brani dell’album, possiamo dire che “Di cattivo gusto” è un lavoro di pancia, senza fronzoli e senza giri di parole.