Tra istinto e sregolatezza, Carmelo Pipitone, il chitarrista e co-fondatore del gruppo Marta sui Tubi e membro delle band O.R.k. e Dunk, non smette di spettinare e lasciare il pubblico senza fiato. Da solo, in compagnia della sua chitarra acustica, dopo aver calcato numerosi palchi col suo esordio solista, “Cornucopia”, è tornato a Roma lo scorso 18 ottobre, ospitato dal palco de Le Mura a San Lorenzo.
In un’atmosfera intima ed avvolgente Carmelo Pipitone, ha riempito il palco con la sua sola presenza attirando l’attenzione di tutti. Chitarrista, percussionista e cantante: una voce indescrivibile, una grinta e un’energia senza precedenti. Incredibile è stata la forza che è riuscito a trasmettere dal vivo; infatti, dopo l’immersivo ed adrenalinico concerto, curiosi ed impazienti, ci siamo precipitati dal chitarrista siciliano per farci una chiacchierata.
Prima di parlare dell’album, però, Carmelo ci ha raccontato qualcosa del suo percorso musicale, in particolare delle collaborazioni che lo hanno fatto maturare e crescere.
«Nel ripensare al mio percorso musicale, credo che non dimenticherò mai le collaborazioni con Lucio Dalla, Franco Battiato, Enrico Ruggeri e altri: sono tutte persone che ho sempre ascoltato ma che prima di conoscerle pensavo fossero finte. Invece sono esistite ed esistono veramente, vivono in mezzo a noi e sono anche simpatiche, cosa che probabilmente non riesci a vedere in televisione. Sono delle persone fantastiche e molte cose le ho imparate da loro. Come anche ho imparato da Pat Mastelotto, il batterista degli King Crimson. Tutte queste persone mi hanno segnato e continuano ad essere per me dei ricordi importantissimi».
Non potevamo quindi non chiedergli come, oltre ai Maestri, la sua Sicilia abbia influito sulla musica, sul suo modo di vivere e fare musica.
«Posso affermare di essere più siciliano che figlio del mondo, anche se sono sempre alla ricerca»
«Come si può ben notare, non ho mai perso il mio intercalare siculo ma sono venti anni che vivo a Bologna. Proprio quest’anno mi sono reso conto di aver fatto ventun’anni a Bologna e venti in Sicilia, quindi in realtà ho vissuto meno nella mia terra che fuori. Ma comunque in Sicilia c’è la mia famiglia e parte dei miei amici, anche se molti sono andati a lavorare fuori. Siamo scappati un po’ tutti perché, come si sa, la piaga da noi è che non si riesce mai a trovare lavoro, qualsiasi cosa tu voglia fare».
La simpatia e la sincerità di Carmelo hanno catturato la nostra attenzione, quindi lo abbiamo lasciato parlare.
«Le prime nozioni e i primi approcci alla musica li ho avuti in Sicilia. Da piccoli si ha un cervello più elastico, che riesce ad immagazzinare più concetti. Ora per me è molto più difficile. Posso quindi affermare di essere più siciliano che figlio del mondo, anche se sono sempre alla ricerca. Sono nato e cresciuto lì, quindi ho imparato a respirare la vita in Sicilia. Tra l’altro io sono originario di Petrosino che è vicino Marsala, in provincia di Trapani. Per noi gli sbarchi, non dico che siano all’ordine del giorno ma quasi, nel senso che sono sempre successi, è sempre stata una cosa normale».
Mentre parla di questo argomento ci viene in mente la canzone contenuta nell’album da solista intitolata “Come tutti”, dove Carmelo Pipitone fa una sorta di monologo in siculo. Gli abbiamo quindi chiesto di parlarcene.
«Il siciliano è una serie di culture tutte nella stessa, per noi è normale accogliere le persone»
«“Come tutti” racconta proprio di questo argomento. Il personaggio di cui si parla di chiama Karim e lui si attacca a piccole cose: ha un accendino dentro una busta di plastica, perché non vuole che si bagni e perchè magari gli servirà per accendere un fuoco o per altro, non si sa. Si aggrappa a degli oggetti pur di sopravvivere, come ad esempio ad una saponetta per lavarsi se mai ci sarà dell’acqua. Questi sono tutti i problemi che può avere una persona che scappa da una guerra: si aggrappa a delle cose piccolissime, come per dire io voglio sopravvivere, non voglio disturbare nessuno, ma voglio sopravvivere. Purtroppo qui in Italia questa cosa non viene capita».
Condividiamo pienamente ciò che Carmelo Pipitone ci sta comunicando.
«Ricordiamo sempre che questa gente scappa e non per venire in Italia, ma scappa per andare altrove, in Italia non si è mai trovata bene. È gente che ha parenti da decenni in Francia, Spagna, ma devono per forza passare da qui; come è vero che sbarcano da noi perché siamo un porto di mare, da secoli la Sicilia è stata un porto di mare. Il siciliano è una serie di culture tutte nella stessa, quindi per noi è una cosa normale accogliere le persone e lo è sempre stato».
Il discorso su questo argomento sarebbe potuto continuare ancora a lungo, ma era arrivato il momento di parlare di “Cornucopia” e Carmelo Pipitone non si è tirato indietro.
«Ho fatto il “giro di boa” ed è stato strano: è come se per la prima volta avessi visto la vita come effettivamente deve essere vista»
«Cornucopia è, come tutti la conoscono, simbolo di abbondanza, una sorta di involucro immaginario; è un involucro che può contenere delle frattaglie, tutta una serie di cose positive ma anche e soprattutto negative. Io ho fatto il “giro di boa”, cioè ho compiuto quarant’anni lo scorso anno, ed è stato strano. A quest’età scatta qualcosa di strano: è come se ad un certo punto devi imparare a vedere il mondo in un’altra maniera. È come se mi fossero caduti dagli occhi dei filtri particolari e per la prima volta ho visto la vita come effettivamente deve essere vista».
La cosa ci ha incuriositi e abbiamo domandato quale fosse stato l’effetto di questo cambiamento improvviso.
«Ho provato un pizzico di cattiveria e malinconia, è come se mi fossi sentito schiacciato. Non me lo aspettavo perché ho sempre pensato di rimanere un eterno bambino, ma ciò non è possibile. A quarant’anni ho iniziato a vedere la strada precedentemente percorsa, in maniera diversa, frequentata da gente inutile, gli ignavi, da quelli che devastano un territorio e non fanno niente per migliorare la condizione della società, ma che pensano solo a migliorare la propria condizione. Mi sono trovato davanti alla pochezza dell’uomo».
La musica come salvezza e Carmelo Pipitone lo sa bene:
«Per me la musica è la risoluzione molto affrettata dei miei problemi, soprattutto in questo momento storico»
«La musica è una valvola di sfogo, lo è sempre stata. C’è un mio carissimo amico che si chiama Alex Boschetti, tra l’altro autore della canzone “Come tutti”, che dice sempre: «Se tu vuoi imparare a scrivere non devi usare la scrittura come una motivazione per uscire fuori da un problema psicologico, con la scrittura non risolvi il problema». Personalmente, però, sono convinto del contrario: per me la musica è la risoluzione molto affrettata dei miei problemi, soprattutto in questo momento storico».
Questo ci ha fatto pensare che non è un caso che “Cornucopia” nasce come progetto solista dopo quindici anni di Marta sui Tubi.
«Con Marta sui Tubi stavamo sempre in giro e quando non si suonava, si stava registrando e quando non si registrava comunque si provava, sempre insieme. Per la prima volta ho cercato questa nuova formula, l’essere unico e solo, una sorta di one man band, per prendermi la responsabilità dei miei sbagli; quindi ogni volta che mi devo incazzare con qualcuno mi incazzo con me stesso e non più con gli altri».
Ci siamo anche domandati come mai l’album finisce con un brano strumentale dal titolo “Sospeso”, dolce, rilassante e fluttuante, che modifica totalmente l’atmosfera di “Cornucopia”.
«Quest’ultimo pezzo vuole essere una sorta di passaggio dal percorso abbastanza cupo che ho appena descritto, cioè dicendo che è un “giro di boa”, i primi quarant’anni, alla prossima avventura. “Sospeso” lascia uno spiraglio di luce, è aria nuova e un nuovo inizio che porta al secondo mio album su cui sto lavorando e che sarà molto diverso».
Carmelo ci ha lasciati con l’acquolina in bocca ma prima di concludere vuole ribadire un concetto per lui molto importante.
«Non vedo l’ora di essere un barbone!»
«Tutto quello che sto facendo è un mio percorso e per me è psicoanalisi, ricordatelo. A differenza del mio amico, io voglio risolvere i miei problemi esattamente sotto l’occhio di bue, sotto gli occhi di tutti. E a chi ascolta voglio far arrivare le miei insicurezze, tutto quello che non riesco a fare e che non sono mai riuscito a fare. Voglio far arrivare anche il fatto che io stia invecchiando, cosa che tra l’altro non mi importa più nulla; anzi, quando ero piccolo pensavo “Non vedo l’ora di essere un barbone!”. Oggi ci sono riuscito ed è esattamente quello che io volevo fare e diventare, finalmente ho fatto pace con me stesso».
Ironico e sempre sul pezzo, Carmelo Pipitone non smette di alimentare ed arricchire la nostra chiacchierata. Avremmo voluto continuare ad ascoltarlo per ore, ma era già passato troppo tempo e, nonostante le molte cose da dire, salutiamo e ringraziamo Carmelo lasciando la nostra chiacchierata in “sospeso” fino all’arrivo del prossimo album.