Diamo il benvenuto su Music.it a Cristallo. Per rompere il ghiaccio raccontaci qualcosa di divertente o imbarazzante che ti è successo in studio o su un palco.
Allora di cose imbarazzanti potrei raccontartene mille. Ero a suonare al Covo a Bologna, ero molto emozionata perché è la mia città e c’erano anche molti amici, forse anche mia sorella. Insomma era una serata importante e c’era un po’ di tensione nell’aria. Salgo sul palco, partono a suonare gli altri e io, che all’epoca suonavo il basso, mi accorgo che il basso non va. Comincio a guardarmi attorno, alzo il volume dell’amplificato ma niente il basso non suonava. Insomma, alla fine mi ero dimenticata di attaccare il jack!! [Ride] Questo è stato molto imbarazzante.
Parliamo di “Piano B”, raccontaci la storia di questo EP e la decisione di condividere con il pubblico la prima parte del tuo disco.
“Piano B”, come dice il titolo stesso, è quello che abbiamo deciso di fare quando ci siamo resi conto che il disco non poteva uscire. L’uscita del disco era fissato per la primavera scorsa ma poi è arrivata la pandemia e ci siamo resi conto che non avrei potuto suonarlo dal vivo e abbiamo deciso di sospendere l’uscita. Durante l’estate pochissimi concerti e quindi ho detto “beh, serve un piano B”. E da qui il nome di questo EP che contiene cinque tracce, esce soltanto in digitale ma è un po’ una risposta a questo 2020 che è stato decisamente duro per tutti.
Lanciare un EP, di cinque brani è comunque un’uscita sostanziosa, soprattutto di questi tempi.
Sì, nell’Ep ci sono quattro brani che sono già usciti come singoli. Questi quattro brani dalla scorsa primavera sono usciti dilazionati nel tempo ma comunque era materiale che già il pubblico conosceva. Uno di questi quattro brani è servito per lanciare “Piano B” e in più c’è “Cuore Nero” che nessuno conosceva prima.
Puoi darci qualche anticipazione del tuo nuovo lavoro?
Il disco al momento prevede 10 brani che sono stati registrati in due studi differenti: uno è Edac Studio a Como e l’altro è il Blue Moon Studio di Firenze. Nelle varie tracce del disco si sente una sorta di doppia anima che, secondo me, era interessante mantenere perché due produzioni diverse hanno dato, appunto, due anime diverse ai brani. I brani parlano quasi tutti di relazioni e di rapporti umani che mi hanno visto coinvolta in prima persona o di altre persone che mi hanno raccontato le loro storie.
Qual è il pezzo di “Piano B” a cui sei più legata e perché?
Una domanda molto difficile perché ogni brano è un pezzo di vita vissuta. In questo momento potrei dirti “Dei Due”, perché è l’ultimo uscito e perché è il brano con cui ho lanciato “Piano B”. È un brano che parla di quell’equilibrio precario che si viene a creare in tutte quelle relazioni, non solo sentimentali, ma tutte quelle relazioni a due. Alla fine in ogni rapporto bisogna ricoprire un qualche ruolo e questo equilibrio è molto delicato e ricorre in tutte le relazioni. Secondo me questo brano è una buona sintesi di quello che vuol dire relazionarsi all’altro.
E in questo momento è forse tra le cose più difficili, data anche la distanza e l’impossibilità di toccarsi e abbracciarsi.
Sì, assolutamente. Una cosa buffa che ho notato è che brani, come ad esempio “Casa di vetro” che è uscita durante il primo lockdown, siano molto attuali. Il pezzo è stato scritto mesi e mesi prima ma nonostante tutto parla proprio della distanza e del restare chiusi in casa a guardare fuori dalla finestra a immaginare quello che c’è fuori. È strano perché mi rendo conto di aver scritto tempo prima cose che in questo momento storico calzano a pennello.
Far uscire un EP in questo momento è una scelta coraggiosa e rischiosa. Come sta la tua musica in questo momento? Tu come stai?
La mia musica continua a fiorire perché io continuo a scrivere. Ho già molte bozze pronte, addirittura per il prossimo lavoro, quindi la mia musica sta bene. Io se stessi benissimo probabilmente scriverei meno [ride]. Questo periodo storico così difficile, alla fine pur mettendoci a dura prova, sta stimolando in chi è a stretto contatto con la propria sensibilità è un momento molto stimolante, credo.
Durante i mesi di lockdown sei riuscita a lavorare “serenamente” o la tua creatività ne ha risentito?
Non direi proprio “serenamente”, però mi accorgo che questo disordine interiore creato da tutta questa situazione assurda ha influenzato molto la mia creatività. Il fatto di non riuscire a vedere chi si vuole, il non poter uscire e via dicendo hanno influito molto sul mio approccio alla musica, forse anche perché ho molto più tempo per scrivere.
Quale sarà il futuro della musica e dell’arte dopo l’emergenza sanitaria?
Io credo che l’arte e la musica saranno ancora più indispensabili di quanto non fossero prima perché se in questi mesi di lockdown non avessimo avuto musica, film e libri secondo me ci saremmo buttati dalla finestra. Credo che l’arte sarà ancora più importante in futuro; bisognerà vedere come proporla perché se penso a tutti i concerti persi quest’anno, mi rendo conto che servono delle decisioni giuste, fatte da chi di dovere, per tutelare tutto l’ambiente. È veramente difficile.
Anche perché al momento non c’è un “piano b” per i concerti.
Al momento no, non esiste un’alternativa. La cosa comunque rimane assurda perché, ad esempio, spostando i concerti in luoghi come i teatri, dove puoi usare un posto sì e uno no, si potrebbe ottenere “facilmente” il distanziamento sociale. Io mi auguro che vengano considerate possibilità alternative proprio per salvare il settore; non solo i musicisti ma anche tutte quelle maestranze che stanno a casa con le mani in mano.
Quale sarà il futuro dei lavoratori dello spettacolo?
Questo è un grande quesito. Purtroppo devo ammettere che essere italiani non è una grande garanzia perché l’Italia non ha mai dimostrato realmente di tutelare l’ambiente artistico. Il mondo dello spettacolo e dell’arte in generale è da sempre un ambiente poco curato in Italia, quindi io resto ottimista perché altrimenti smetterei di suonare. Vedremo nei prossimi mesi ma io spero fortemente che ci sia più attenzione verso il settore.
Però ultimamente diversi Big sono scesi in campo a sostegno dei lavoratori dello spettacolo e del settore, no?
Certo la cosa è fantastica, ma questi movimenti partono sempre da chi fa già parte dell’ambiente e che quindi conoscono già le difficoltà e la situazione. Sarebbe bello che iniziative di questo tipo arrivassero dall’alto e che fosse lo Stato a riconoscere ai musicisti e a tutti i lavoratori dello spettacolo determinati diritti che ci spettano.
Secondo te perché l’Italia è ancora indietro su questi argomenti?
Io penso sia questione di ignoranza. Il fatto che le persone non considerano che io per portare sul palcoscenico uno spettacolo devo: suonare i miei brani, provarli con la band, arrangiarli col produttore, registrarli, mixarli, provarli di nuovo e promuoverli. Cioè è una macchina immensa da muovere e se chi sta in alto non se ne rende conto vuol dire che non conosce questa realtà.
L’ultimo concerto a cui hai assistito?
Fammi pensare… Terribile questa cosa, non me lo ricordo proprio. Forse a ottobre, quando ho suonato al Go Go Bo e ho visto tutte le altre band nella scaletta e poi Edda. Quello è stato l’ultimo concerto vero e proprio. Edda mi è piaciuto tantissimo e non l’avevo mai visto dal vivo.
Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”, che puoi dirci?
La domanda che mi faccio è: che cosa ti auguri per il 2021? La risposta è: mi auguro la libertà. Più libertà di movimento e di scelta; più libertà di reazione a questa situazione, anche con l’avvento del vaccino. Mi auguro che tutti imparino finalmente a conoscere questa situazione, perché sono mesi che siamo in questo limbo. Quindi sì, io per il 2021 mi auguro la libertà.