Ascoltare un disco nuovo può essere un’attività molto deludente. Play, prima traccia, mi faccio un caffè, seconda traccia, ma non è identica alla prima? Terza traccia, scimmietta che suona i piatti, e così via fino all’ultima. Ci rinuncio, rimetto Sufjan Stevens. Poi arrivano quegli album che, senza preavviso, senza chiedere il permesso, sfondano la porta del cuore e mettono a soqquadro atri e ventricoli. Per me è stato così con “Etimologia”, il nuovo lavoro di Francesco Sbraccia, uscito il 9 novembre 2018 con Genziana Dischi.
È difficile scrivere una recensione, quando un album va a pizzicare una dopo l’altra tutte le corde della propria sensibilità. È un evento raro, perché siamo portati a cristallizzarla per proteggerla dalla grossolanità della vita. Ma quando accade è come respirare a pieni polmoni. “Etimologia” è un disco folk, prevalentemente acustico, con un tocco di elettronica. Francesco Sbraccia crea un sound perfetto per dischiudere la propria interiorità, tendendo una mano anche a chi non lo conosce dal suo EP “No worries”. Scritto e registrato quasi interamente da lui stesso, “Etimologia” è il modo migliore per entrare in intimità con questo bravissimo cantautore abruzzese.
Francesco Sbraccia crea con “Etimologia” un sound perfetto per dischiudere la propria interiorità.
Come lascia intendere la title track dell’album, l’intento di Francesco Sbraccia è di fare ritorno alle radici. Le radici delle parole, per riscoprirne il significato puro e autentico. Le radici della sua famiglia e in senso più ampio della sua cultura, per ridefinire la propria identità. Attraverso i gesti semplici, i rituali quotidiani, il contatto con la natura, Francesco Sbraccia tesse un canto/cantico per conoscere se stesso attraverso il mondo circostante. L’intensità di ogni brano è la sintesi di un continuo perdersi e ritrovarsi, sussurrare e tacere, viaggiare e ritornare. C’è un tempo per ogni cosa, “Etimologia” ce lo racconta senza inutili virtuosismi, con forza e delicatezza insieme.
Nella sua musica ci sono un po’ di Kings of Convenience, Niccolò Fabi, Bon Iver e tanta, tanta voglia di comunicare qualcosa di personale. Perché anche nei brevi momenti in cui “Etimologia” suona troppo familiare, riesce comunque a reinterpretare in modo originale ciò a cui rimanda. Personalmente, mi sento rigenerato dopo questo ascolto. Dunque non posso che essere grato a Francesco Sbraccia per aver trovato il coraggio e la forza di aprire il proprio cuore al mondo.
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FRANCESCO SBRACCIA
ETIMOLOGIA
9 novembre 2018
Genziana Dischi
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