“F.A. Cult” è un disco di nove brani che viaggiano liberi per tutte le possibili direzioni spianate dall’oscurità della fine anni ’80
Basso, batteria, chitarra e voce. Quattro gli strumenti rispettivamente nelle persone di Nicolas Kientzler, Delphine Padilla, Atef Auoadhi e Zeynep Kaya e che nella produzione di Charles Rowell e la direzione di Anna Calvi, riescono a moltiplicarsi, a diventare ciascuno l’eco dell’altro, o altra. Il disco procede leggero e vivace mentre riesce a insinuarsi, senza prepotenze, tra i chiaro-scuro della percezione sonora. Se le basi d’ispirazione, infatti, sembrano restare quelle del post punk – penso a “Holy Sister”, quinta, fantastica, del disco – in verità, la fusione tra le diverse inclinazioni dell’alt-rock di cui è imbevuto l’intero disco, restituisce un lavoro che della matrice post punk non abbraccia che lo spessore emotivo. Alleggerito, a volte –”Common Love Square” – irrobustito in altre – “A Void Vynil”.
In sostanza, la capacità che hanno gli Hermetic Delight di creare musica costruendo il loro sound e al contempo a de-costruirlo, frantumandone i muri e spargendo bellezza come il vento fa col polline è assolutamente preziosa. Prezioso è anche “F.A. Cult”, un disco compatto, ma atmosferico ed altamente intimo. Ascoltandolo, si danno bracciate tra le maree e si svoltano angoli urbani. Si vola verso una possibile stella e si dà fuoco ai brandelli di miseria. Insomma, “F.A. Cult” è un disco semplicemente bello e gli Hermetic Delight, una band tutta da ascoltare.