E i Khali se la meritano tutta. “Tones of the Self Destroyer” è una scarica metallica di nove mine post hardcore. Tutte violente e composte. Come se l’effettiva potenza dei brani arrivasse da un tempo precedente, immobile, di sola raccolta delle forze.
L’artwork in copertina di “Tones of the self Destroyer” ritrae un guerriero medievale intento a colpire con la spada un ipotetico nemico. A metà tra un intenso e folle danzatore in costume e un uomo rabbioso contro forze sinistre, il milite somiglia molto alla musica che introduce. Si tratta di musica dura, potente. Vigorosa e compatta, eppure melodica, emotiva.
“Tones of the Self Destroyer” dei Khali è una scarica metallica di nove mine post hardcore.
La contaminazione tra le radici heavy metal e le nervature post-core ha creato un disco deciso, arrabbiato e genuino. “Ordinary empty Earth” è l’opener. Un’introduzione semi-silenziosa verso quello che è l’impatto sonoro violento e dinamico dei Khali. In “Ashes of None”, subito irrompe la batteria di Romolo Ferri che viaggia alla velocità dell’headbanging più classico. Paolo Nadissi alla chitarra fa sentire l’influenza dei diversi sottosuolo del rock con notevoli e coinvolgenti assoli.
Da “Dark Matter”, passando per “Rage”, finendo con l’esplosiva “The Core”, la chitarra ed il basso di Cristian Marchese lavorano affiatati ai cambi di tempo che le pelli eseguono con grande facilità. Come se il passaggio da un suono più ruvido e netto ad uno più disteso ed armonico fosse questione di pochi millimetri. Ed è forse per questa non-distanza che l’adrenalina che scorre nel mezzo fa di “Tones of the self Destroyer” un disco d’esordio tutto da godere.