Massimiliano Zingarelli (M.) e Federico Marcantoni (Mid.) sono i Maerormid
Massimiliano Zingarelli (M.) e Federico Marcantoni (Mid.) sono i Maerormid

La sperimentazione dell’intenso in STASI, ultimo lavoro dei MAERORMID

“Stasi” è il nuovo lavoro del duo metallico Maerormid, gruppo che ha base a Perugia e che sta insieme dal 2008. Fin’ora ha prodotto diversi ep, due compilation e due album. “Stasi”, uscito il 21 giugno per la Volcano Records / Dark Hammer Legion, è appunto il terzo disco. Otto tracce d’ oscuro turbinio di emozioni e goduria, tra riff pesanti, sezioni distese e aperture verso zone remote del doom e black metal. Cantato in italiano, “Stasi” è un disco che non lascia indifferenti. Notevole il lavoro di coesione e trasformazione del materiale musicale che Massimiliano Zingarelli , aka “M” alla chitarra e Federico Marcantoni, “Mid” – synth, voce e batteria – hanno saputo rendere in “Stasi” e fare di esso un disco che sperimenta l’intensità a diversi livelli. Si sente subito. L’apripista “Aura” sfila potenti e cadenzati colpi alle pelli, sciabolate alle corde e riverberi post rock e hardcore.

Stasi”: otto tracce d’oscuro turbinio d’emozioni e goduria, tra riff pesanti, sezioni distese e aperture verso zone remote del doom e black metal.

Ogni traccia possiede in sé moltissimi elementi. Mastice della creazione di “Stasi” sembra proprio la sperimentazione del suono pesante. Ricco di pathos, si evolve nella ritmica che da tipicamente doom diventa più serrata, per un coinvolgimento dai toni apocalittici. Il violinista Ecnerual aggiunge poi un tocco epico a tutto il viaggio di “Stasi”. Violini oscuri che in “Martire”, ad esempio, rendono l’atmosfera sludge che regna nel disco di una potenza drammatica. Così come l’attacco di “Il Muro ad Ovest”, brano che somiglia a una poesia, l’unica forse per cui una stasi è necessaria. Ci si ferma, sospesi nella riflessione che dalle voci, arriva come un’eco. Per tutto il disco non si fa che avvicendarsi con se stessi. Il violino è teso e penetrante. Così come le corde loro spose e le pelli a consacrare cerimonie. D’ un’ umile violenza, pulita e sentita. Questo il trasporto interiore di “Stasi”.

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