La formazione de La Tana del Verme.
La formazione de La Tana del Verme. Foto di Carolina Barrera.

La TANA DEL VERME suona, ma il volume è ancora troppo basso (Album)

«Fanno punk, ma ricordano gli 883». Perché?
Perché nonostante il breve minutaggio, le scosse che i Tana del Verme hanno tentato di procurare col disco d’esordio omonimo non viaggiano alla velocità delle frecce.
Dalla costa adriatica, i Tana del Verme sorgono nell’annata appena sfogliata dal calendario. Una band fresca, si può dire. Una soffiata di vento a revival sul panorama alternativo, si direbbe.
Peccato non sarò io a farlo.
Intendiamoci: “Tana del Verme” è un disco punk rock, quello italiano dei primi duemila che sanno ancora di ’90. Batteria, chitarra e basso fanno da tappeto alla voce secondo prospettive che puntano sull’impatto sonoro, verso le interiora. Ecco, se tecnicamente il tappeto è più che pronto per essere essere sbattuto come un fulmine, in sostanza manca la luce della frecciata, la linfa del colpo che inferisce un pezzo punk.

I Tana del Verme suonano, ma qual è il volume dello spirito con cui si indossano quegli strumenti e mettono su un trio?
Uscito il 21 Dicembre per This is Core e registrato nell’Hell Smell Studio di Roma da Alessandro Gavazzi, “Tana del Verme” vede il lancio del videoclip del singolo “Generazione Inutile”, pezzo che segue l’intro e precede gli altri cinque dell’album.
Sette pezzi che vorrebbero portarti in cameretta, forse, o in un garage. Ovunque si possa nutrire la propria solitudine per condividerla.
Quello che hanno fatto con me, invece, è farmi pensare a perché non riuscissi a spostarmi se non con le dita, tamburellando sul tavolo.

I Tana del Verme suonano, ma qual è il volume dello spirito con cui si indossano quegli strumenti e mettono su un trio?

Parliamo di un gruppo che vede insieme tre dotate personalità musicali, tre musicisti che hanno alle spalle tre diversi progetti. Per dire, Cristian Piccoli suonava il basso con i Nectarines, Francesco Cilli la batteria negli Startoday e Piergiorgio Marrollo la chitarra negli Unaware. Non si capisce bene perché nel progetto Tana del Verme, non si percepiscano le ricerche. È come se dell’identità da costruire col progetto, i tre abbiano abbracciato le sole linee guida come una tipologia.
Si tratta di un album di debutto di una band emergente e letteralmente neonata. Ci può stare che il disco non brilli. Che sia un peccato, è indubbio. Ma la cosa che mi fa dire tanto a riguardo è il pallore che emerge e non sovrasta le pur martellanti corde e pelli che Cristian Piccoli, Francesco Cilli e Pierluigi Marrollo suonano in “Tana del Verme”.

I brani un tiro ce l’hanno ma, come scarni della complessità dell’intuito, non risultano incisivi. Un po’ per questo, un po’ per la linea vocale che, povera di verve, arrangia melodici, semplici e usurati punti di vista, si fatica a immaginare un’immedesimazione.
Non è un disco che sconsiglio. È suonato bene, il sound del punk rock è riproposto fedelmente. Solo che penso a Lester Bangs e a quando ha scritto, rispetto a cosa il punk possa procurare,
«E pensare che dicevano che ci sono limiti su quanto si riesca a fare con tre soli accordi!».
Non so se dal vivo i Tana del Verme facciano la differenza. Per quello che ho ascoltato dal disco,
l’augurio e l’invito che rivolgo loro è che nel tempo si inspessisca la loro ricerca sonora, l’amalgama nella creazione. Io non farò che seguitare a prepararmi per i colpi!
Conta poco che in quest’incontro abbiano mancato me.

 

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TANA DEL VERME

TANA DEL VERME

21 dicembre 2019

This Is Core

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