Non ha eguali il modo in cui Mike Leigh ha sempre osservato il sottoproletariato e quella classe lavoratrice tipicamente british, rifuggendo il biasimo e la commiserazione, ma con la fermezza della pietas. La profonda sensibilità del regista è da sempre capace di liberare le proprie pellicole da una marca anglosassone – comunque radicata e immancabile – e di lanciarle sul terreno cosmopolita del fare autentico, umano e sempre vero. “Peterloo” è il suo tredicesimo lungometraggio e il quarto film in costume. Ma se finora Mike Leigh non aveva sbagliato un colpo, forte del suo sguardo esclusivo sulle piccole gioie e sui grandi dolori del vivere quotidiano, questo suo ultimo film sospende gli entusiasmi e raffredda quegli abbracci sinceri che le sue opere erano sempre state capaci di dare, fin dalla prima visione.
Mike Leigh ha sempre osservato il sottoproletariato e quella classe lavoratrice tipicamente british, rifuggendo il biasimo e la commiserazione, ma con la fermezza della pietas. “Peterloo” non fa eccezione.
Un progetto su carta impegnativo e dalla durata consistente (150 minuti) per raccontare un tragico e spesso dimenticato momento della storia britannica. I fatti di St. Peter’s Field a Manchester nel 1819 quando oltre 60’000 persone si radunarono pacificamente per richiedere riforme politiche, il ripristino di diritti violati (soprattutto la possibilità per chiunque di essere arrestati senza accusa) e protestare disarmati contro la povertà galoppante. Finirà nel sangue per spada delle forze governative: centinaia di manifestanti uccisi e altrettanti feriti. Fu la prima di una lunga serie di proteste ma di altrettante dure repressioni che di lì verranno, ma che saranno fondative del volto costituzionale del Regno Unito.
Un piccolo momento della storia inglese dalla propulsione democratica crucial viene così ricostruito con la precisione di un trattato di storia. “Peterloo” è un film curatissimo e indubbiamente affidabile nel racconto dei fatti riportati. Ma è proprio la puntualità cronachistica di tutti i precedenti del fatto sanguinoso a ritardare l’impatto emotivo che personalmente pretendo da un’opera di Mike Leigh. Il cineasta impiega oltre due ore di pellicola per dettagliare gli antefatti: le ragioni della protesta popolare, la nascita di uno spirito comunitario e di una solidarietà di classe di cui ancora oggi dovremmo ricordarci, le accorate assemblee femminili e l’esigenza di una rappresentanza politica veramente popolare. Una scelta registica pericolosa e di non facile immediatezza ma che realizza lo scopo inappuntabile di Mike Leigh: portare lo spettatore a non avere dubbi sulla parte da cui schierarsi.
“Peterloo” è un film curatissimo e affidabile nel racconto dei fatti riportati. Ma la puntualità cronachistica di tutti i precedenti del fatto sanguinoso ritarda l’impatto emotivo che pretendo da un’opera di Mike Leigh.
Il crudo momento della repressione giunge alla fine e a quel punto tutto è chiaro sul perché della protesta, nonostante la difficoltà nel seguire tutti i singoli passaggi storici. Non c’è equivoco dinanzi a una simile mattanza, e non ci sono altri reagenti al sangue che scorre, se non lo sdegno per una spropositata ingiustizia. Mike Leigh prepara lo spettatore a lungo (non senza momenti di stanca), alternando interni che sembrano tele di Francesco Hayez, momenti delicatissimi di spiritual musicati nella miseria e amorevoli talami ristretti, illuminati da lampade ad olio.
Quando viene inscenato lo scontro in piazza, ripreso magistralmente nonostante comparse che per numero non hanno precedenti nella filmografia del regista, l’orgoglio del regista nel mettere la propria cinepresa al servizio degli ultimi, in qualunque contesto ed epoca, è palese e autentico. Noi siamo dalla parte di Mike Leigh, sicuramente. Forse non dalla parte di “Peterloo”, meno immediato perché più lavorato di tutti i suoi altri, ma la sua coerenza è da applausi. Questa sì, ancora una volta!