Il musicista Marco Porrà, in arte MPM Producer in un'immagine promozionale.
Il musicista Marco Porrà, in arte MPM Producer in un'immagine promozionale.

REBORN è la Ri-Nascita di MPM Producer, EP di debutto di Marco Porrà

«Sono una collezione di demoliti quasi». Così – ma non solo così – scriveva di sé e delle anime inquiete la poetessa americana Anne Sexton. Ho pensato a questo splendido quanto terrificante verso, ascoltando “Reborn”, il quasi album del musicista MPM Producer. Classe ’87, al secolo si chiama Marco Porrà. Militante decennale nella punk-band Wallcrush, il musico di origine sarda, ha dato alle stampe il frutto del suo genio creativo in questo EP di sette brani, uscito all’alba di questa insolita estate e secondo i dettami dell’auto-produzione. Scritto, arrangiato e mixato da MPM Producer presso il suo “Blue Studio”, con la partecipazione di Rob Miles alle batterie, “Reborn” è una scarica di pura energia.

Scritto, arrangiato e mixato da MPM Producer presso il suo “Blue Studio”, “Reborn” è una scarica di pura energia

La radice punk rock di cui l’artista s’è a lungo nutrito è il mastice da cui si fondono un massiccio uso d’elettronica, atmosfere urban e incastri lirici che nulla hanno da invidiare alle metriche del rap. Cantato in inglese, il disco è tanto eclettico quanto strutturato secondo un lavoro preciso di composizione. Si sente da subito. Con l’apripista “Reborn” – singolo di lancio assieme a “Lives on Air” – è possibile individuare diversi punti d’immersione dentro le ricche regioni sonore che l’anima di MarcoPorràMusic esprime e raccoglie secondo quello che è davvero il suo  personale MyPoison’sMark. Regioni in cui chitarra e batteria la fanno da padrone, ma che pure rendono versatile il linguaggio, spesso duro e violentemente diretto, sempre veloce ed energico. In un brano, “Getting Over You”, addirittura quasi dolce.

Voce e lyrics, poi, sono entrambe profondamente contemporanee. Fortemente espressive, MPM Producer le utilizza per affrontare i temi dell’alienazione, del male e di ciò che male fa (al)l’umano.  Perfettamente assemblate all’attualità invincibile del sound, questi due mezzi risultano sorprendenti nella versione rap di “Reborn”. Pezzo conclusivo dell’EP, dove tutti gli strumenti utilizzati – vece e parole comprese – si fondono perfettamente dentro il linguaggio che ospita idiomi diversi. Come a dimostrare che la verità è piena di buchi, di scarti, di differenze. E che questo aspetto altro non può essere che scintilla di ri-nascita, di accettazione, di continuazione, di convivenza. 

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