L’album si compone di sette tracce. Il leitmotiv del disco è la rappresentazione del climax: i brani sono spesso costruiti aggiungendo man mano elementi, che sommati originano le complesse texture sonore dei pezzi. Dal brano di apertura “The Lowest Tide (for Matteo G.)” all’ultimo “The Highest Tide”, il disco si sviluppa come un magmatico flusso sonoro in cui convivono e si fondono elementi drone in stile Infinite Body, noise, glitch, samples, chitarre e riverberi post-rock alla If Theese Trees Could Talk. Assenti le voci: solo nella lenta e calma “The Highest Tide” compaiono elementi spoken word, pesantemente granularizzati e processati.
Le trame tessute dai FLeUR in “Caring About Something Utterly Useless” sono dense e granulari. I colori decisamente scuri: di certo non siamo davanti ad un album easy listening
In “Caring About Something Utterly Useless” dei FLeUR la tensione non manca mai. Il malessere è profondo e l’inquietudine pervade tutte le cupe atmosfere evocate dai brani. La ricerca sonora è attenta e certosina, le dinamiche sono azzeccate: nulla viene lasciato al caso dal duo torinese. C’è coesione tra i brani, diversi capitoli di una della stessa grande narrazione. Sicuramente anche grazie allo sguardo vigile di Emilio Pozzolini (port royal), che ha affiancato i FLeUR nella produzione dell’album. To sum up, “Caring About Something Utterly Useless” è un disco davvero interessante, che merita di essere ascoltato ed in cui ci si può facilmente immedesimare, soprattutto in questo periodo. Confido che le future produzioni dei FLeUR mantengano un tale livello.