Alex Torchio in uno scatto promozionale.
Alex Torchio in uno scatto promozionale.

ALEX TORCHIO: “Le parole sono un mezzo per far arrivare al cuore una melodia”

Diamo il benvenuto su Music.it a Alex Torchio. Iniziamo subito con un aneddoto divertente o imbarazzante che ti è successo su un palco o in studio.

Buongiorno e grazie mille per l’opportunità. Di aneddoti imbarazzanti sul palco ce ne sarebbero molti. Uno dei migliori è accaduto al Teatro Nazionale di Asti, che oggi prende il nome di Palco 19. Durante un pezzo un po’ frenetico, mentre facevo ruotare le mani vorticosamente mi è scivolato il radio microfono dalla mano e ed è volato in mezzo alla platea, fortunatamente senza colpire in viso nessuno degli spettatori.

Parliamo di “Senza Sapere”. Come nasce questo brano? Dove vuole arrivare?

Senza sapere nasce dalla necessità di raccontare la frustrazione derivante dal vivere in una città che ha poco da offrire in termini di svago e intrattenimento culturale, cosa che può incidere anche sulla qualità di un rapporto di coppia, aumentando il rischio di annoiarsi. Questo concetto diventa poi lo spunto per una riflessione più profonda sui problemi che possono insorgere all’interno della coppia. Nella canzone la fuga dalla piccola città in favore di una grande città ricca di opportunità viene vista come elemento necessario per iniettare nuovo entusiasmo nel rapporto.

Come racconteresti il tuo percorso musicale? 

Il mio percorso musicale è alquanto singolare rispetto alla maggior parte dei cantautori di oggi. Non vengo da una famiglia benestante e ciò ha comportato che io lavorassi con una certa assiduità per potermi mantenere già da giovanissimo. Ciò ha fatto sì che io non avessi la possibilità da subito di investire sui miei progetti solisti, se non ora in “non tenerissima età” (ho 39 anni). Dato che volevo fare il musicista sin da da ragazzo, ho cercato il modo di guadagnare più denaro possibile facendo musica e l’ho trovato iniziando a cantare in diverse cover band.

C’è qualcosa che cambieresti?

Da 5 anni sono il cantante e responsabile degli eXplosion, attualmente una delle coverband più richieste d’Italia. Questo lavoro mi porta ormai da 17 anni a fare dai 150 ai 170 concerti all’anno in importanti club, quali l’Alcatraz di Milano, il live di Trezzo d’Adda, per dirne alcuni, ed importanti festival in giro per l’Italia. Questo lavoro mi ha insegnato ad affrontare la musica live a ritmi devastanti. Ora mi piacerebbe anche iniziare a portare dal vivo la mia musica. Del mio percorso musicale non cambierei nulla, mi ha portato fino a qui, sono soddisfatto e felice della mia vita.

Parli della ricerca di nuovi stimoli. A te quali stimoli servono per scrivere musica?

Gli stimoli di cui ho bisogno per scrivere nuova musica sono di carattere culturale: concerti interessanti, musica stimolante, mostre d’arte, buoni libri od anche semplicemente incontri interessanti. Due degli stimoli più forti del 2019 sono stati i concerti di Apparat al Primavera Sound di Barcellona dello scorso giugno e quello dei Dead Can Dance lo scorso maggio a Milano, due spettacoli ipnotici in grado di attivare qualsiasi trigger creativo.

Un concerto con una band (come gli eXplosion) o uno da solista? Quale è il tuo palco ideale? Quali sono le affinità e le divergenze tra questi due palchi?

Un concerto con gli eXplosion è come una maratona del divertimento. Due ore ininterrotte di musica, cambi di costume, intrattenimento e animazione senza sosta. Sfortunatamente non ho ancora avuto modo di portare dal vivo la mia musica. Quando ciò avverrà cercherò insieme alla band di creare uno spettacolo differente, senza basarmi troppo sulla necessità di non dare respiro al pubblico, come avviene invece con gli eXplosion, bensì di creare qualcosa che sia sì divertente, ma anche riflessivo e ipnotico. Spero di averne la possibilità, prima o poi.

Secondo te, in che condizioni si trova la scena musicale italiana? 

Credo che la scena musicale italiana soffra di una certa omologazione. Si cerca di etichettare un artista o un genere cercando di far rispettare determinati stilemi, facendo diventare il tutto un po’ troppo prevedibile. Ad esempio, se un artista è etichettato come indie dovrà essere obbligatoriamente d’aspetto non curato, le sue canzoni avranno arrangiamenti Lo-fi e i suoi testi conterranno un certo slang giovanile post adolescenziale (giusto per riassumere). Questo perché quando unetichetta di genere diventa riconosciuta chi è interessato a farne parte cerca di rispettarne i cliché.

C’è qualcosa che cambieresti?

Tutto ciò uccide l’originalità che caratterizza ogni diverso artista, soprattutto quelli emergenti, che pur di essere notati cercano di riprendere gli stilemi in voga, omologandosi così alla musica già esistente, senza però apportare nulla di personale alla scena musicale. In questo modo diventa difficile ascoltare qualcosa di veramente distintivo, e finisce che in una playlist Spotify di genere non si capisce più la differenza tra un’artista e l’altro.

Tu come ti trovi nella scena musicale italiana? C’è qualcosa che cambieresti?

Nella scena musicale attuale non sono in grado di capire quale sia la mia posizione. Soprattutto perché trovo difficile che una persona possa definire l’essenza del proprio lavoro. Lascio il compito a chi ha il piacere di ascoltarmi.

Ultima domanda, il classico “fatti una domanda e datti una risposta”. Che ci dici?

– Ti piace la musica italiana considerata “di qualità” in voga attualmente?

– No, perché si dà troppa importanza ai testi e a me dei testi importa poco. Da piccolo ho sempre ascoltato musica anglofona, senza capire una mazza dei contenuti. Mi interessa molto di più la musica: la melodia, gli arrangiamenti, sono quelli che ti portano da un’altra parte mentre ascolti un pezzo. L’attenzione per i testi è una pippa intellettuale o peggio. Penso sia un pretesto per far sì che i ragazzini citino i loro eroi del momento su Instagram. Ci sono già la letteratura e la poesia che fanno un egregio lavoro con le parole, la musica per me deve spegnere il cervello e portarti in altre dimensioni, se sto troppo attento a ciò che canta un cantante non mi sto godendo troppo la musica.

Quindi, cosa è più importante in una canzone?

Delle canzoni sono le melodie ad essere immortali, non le parole, quelle sono solo un contorno, devono sì suonare bene e raccontare qualcosa, ma sono solo un elemento minore, almeno per me e la mia esperienza di ascoltatore. Pensiamo alle melodie meravigliose di Stevie Wonder, le parole delle sue canzoni sono abbastanza semplici ma i suoi pezzi sono capolavori senza tempo. Le canzoni fanno parte dell’arte musicale, le parole sono solo un mezzo per far arrivare al cuore una melodia, non credo nel contrario.

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