Il pianista jazz Enrico Pieranunzi, stella del jazz internazionale. Foto: soukizy.com
Il pianista jazz Enrico Pieranunzi, stella del jazz internazionale. Foto: soukizy.com

ENRICO PIERANUNZI: “TIME’S PASSAGE è un invito a lasciarsi andare alla musica”

Enrico Pieranunzi, è davvero un onore ospitarti sulle nostre pagine! Cominciamo con una richiesta di rito per noi di Music.it: raccontaci un’esperienza, un momento emozionante o particolarmente intenso legato alla tua carriera musicale.

Grazie a voi! Difficile scegliere. Potrei citare il primo incontro con Chet Baker nel 1979, quello con Lee Konitz qualche anno dopo… Un momento estremamente intenso fu quando, una sera del 1984, incontrai al Music Inn di Roma Marc Johnson e Joey Baron e suonai con loro per la prima volta. Un brivido che a distanza di tanti anni è ancora con me. Fu l’inizio di una storia musicale incredibile che si è rivelata centrale nella mia vicenda di musicista.

La tua carriera è costellata di riconoscimenti, esibizioni e collaborazioni internazionali. Alcuni dei tuoi brani sono diventati ormai veri e propri standard suonati da musicisti di tutto il mondo. Come affronti ad oggi la scena attuale del jazz con la tua esperienza e il tuo successo?

Il successo può avere effetti collaterali gradevoli come la stima di musicisti che a tua volta apprezzi e l’interesse per la tua musica da parte di giovani musicisti. Ma quando suoni cercando di improvvisare sul serio, quando cerchi di suonare – come diceva Miles Davis – “quello che non sai”, il successo o tutto quello che hai fatto prima non conta molto, va sullo sfondo.

“Time’s Passage” è il tuo nuovo album di composizioni originali, in cui vieni affiancato dagli storici Dedè Ceccarelli e Luca Bulgarelli, e dalle new entry Andrea Dulbecco, al vibrafono, e Simona Severini, alla voce. Un album seducente sia nella musica sia nelle parole: “So ignore time’s passage, sing your song and go” recita il brano che dà il titolo al disco. Questo album è un invito a godere della bellezza del presente?

Decisamente sì, anche se il nostro presente di questi tempi è abbastanza problematico. Più in generale nel testo di “Time’s Passage” c’è un invito a lasciarsi andare alla musica, a questo linguaggio per molti versi misterioso, questa espressione del corpo e del cuore che talvolta diventa una forma di meditazione, Quindi confermo: meglio «ignorare il passare del tempo, cantare una canzone e andare…».

Il disco è andato creandosi progressivamente in questa nuova collaborazione o c’era un’idea precisa già in partenza?

In partenza le uniche cose certe erano la voglia di suonare con un grande musicista con cui non avevo mai suonato, il vibrafonista Andrea Dulbecco e avere nel CD la voce di Simona Severini. Poi, una volta scelti e registrati i brani, ha avuto inizio un progressivo lavoro di allestimento e arrangiamento degli stessi. Anche la fase di post-produzione è stata importante per rifinirli e definirne al meglio la struttura narrativa.

In una situazione come quella attuale, fatta di quarantene, lockdown e incertezze, pensi sia cambiato il rapporto che artisti e pubblico hanno nei confronti della musica e dell’arte in generale?

Penso proprio di sì. La situazione attuale ha determinato un cambiamento radicale in ruoli e rapporti cui per lunghissimo tempo siamo stati abituati. Sono cambiate le priorità e come conseguenza stanno cambiando anche la collocazione e la funzione dell’arte e della cultura all’interno del sociale. È una fase di transizione e trasformazione che costringerà tutti, artisti e pubblico, ad una riflessione importante e speriamo fruttifera in vista di un futuro che in realtà non sappiamo bene cosa ci riserverà.

Grazie Enrico per essere stato con noi, questo ultimo spazio è per te: una dedica o un saluto a tuo piacimento per i nostri lettori!

Saluto affettuosamente tutti i vostri lettori augurando loro di star bene in ogni senso in un periodo così complicato. Se poi, per renderlo meno complicato, vorranno dedicare un po’ del loro tempo all’ascolto di “Time’s Passage”, questo mi farà ancora più felice…

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