“Alti e bassi” bisogna quindi intenderlo come un vademecum con cui orientarsi fra l’ottimismo immotivato in apertura del disco e la depressione; il ricorso ai rimedi per stare bene con sé stessi e con gli altri. È utile orientarsi nella geografia della mente, dei sentimenti e delle paure, così come nella geografia fisica della propria città. La differenza fra periferia e centro, fra luce e ombra, fra inizi e conclusioni e più in generale fra “Alti e bassi” è la chiave di lettura del disco.
Una rassegna di quelle che sono le esperienze di vita, messe in musica da un veterano della musica italiana
Se vogliamo andare a trovare il pelo nell’uovo di questo lavoro, forse sul piano prettamente musicale lo stile di Enzo Beccia ricorda eccessivamente un sound molto evocativo del cantautorato di inizio millennio. È da apprezzare un uso spregiudicato dei fiati in alcune tracce, con alcune ammiccate allo ska, però non sono sufficienti a sollevare tutto l’impianto strumentale. Intendiamoci, ci sono molte soluzioni armoniche azzeccate e delle idee ben realizzate, ma tutto può essere migliorato e portato al livello superiore.
“Alti e bassi” è quindi un album davvero godibile. Scorre con molto equilibrio e, nei vari ascolti, spesso mi sono ritrovato a pensare quanto finisca “in fretta”, tanto è in grado di portare l’ascoltatore nella sensibilità artistica di Enzo Beccia. Lui permette di avere uno scorcio sulla vita (d’artista e non) nelle sue contraddizioni e dicotomie, senza assumere lo sguardo vittimista, pessimista che ci si potrebbe aspettare. Insomma una rassegna di quelle che sono le esperienze di vita, messe in musica da un quasi veterano della canzone d’autore italiana.