La copertina scelta per ”Ultra Mono” dice tutto sulle intenzioni di quest’album.Il terzo disco degli IDLES ha l’effetto di una pallonata in faccia, con un pallone carico di cemento. Uscito il 25 settembre, “Ultra Mono” è composto da 12 tracce per 42 di minuti di ferocia. Ferocia che lascia spazio a una pesantissima e lentissima malinconia soltanto in “A ‘Hymn”, già uscito come singolo quest’estate.
Per chi non conoscesse ancora l’ottima band di Bristol la definiremo con le tre parole usate dal frontman Joe Talbot: ‘‘Heavy Post-Punk”. Gli IDLES nascono nel 2009, quando Talbot e il bassista Adam Devonshire, che all’epoca gestivano un club indie a Bristol, incontrano il chitarrista Mark Bowen, che lavorava nel circuito dei dj locali. Nel 2012 e nel 2014 la band pubblica due EP: ”Welcome” e ”Meat”.
Nel 2016 e nel 2018 escono i loro due primi album: ”Brutalism” e ”Joy As An Act Of Resistance”. La band riesce a farsi notare dal grande pubblico inglese grazie a uno stile sonoro e visuale unico e al carisma di Joe Talbot. Un vero e proprio istrione, un Freddie Mercury in versione punk moderna. Credete che il paragone sia esagerato? Provate a cercare uno dei loro tanti live su Youtube e cambierete idea.
Nei primi sette giorni dalla sua uscita, “Ultra Mono” ha venduto ben 27.182 copie, rimanendo primo in classifica in UK per ben due settimane
Ad oggi, dopo undici anni di lavoro gli IDLES sono ”roba grossa” in UK e oltre i confini d’Albione. La dimostrazione arriva direttamente dalle vendite.”Ultra Mono” è stato primo nel Regno Unito per ben due settimane dalla sua uscita, arrivando a vendere nei primi sette giorni di vita ben 27.182 copie.
Numeri importanti per una band indie, ma d’altronde il panorama del brit-rock moderno ha già cominciato a riprendersi i suoi spazi, con artisti come gli stessi IDLES, ma anche con i Fontaines DC e gli Shame, che macinano successi da anni. Un rock inglese che come ai tempi del punk è ridiventato politico, umano e arrabbiato. Come già detto, ”Ultra Mono” è un disco di rabbia, politica e sociale.
Il terzo disco degli IDLES ha l’effetto di una pallonata in faccia, con un pallone carico di cemento
Il primo paragone che viene in mente (senza scomodare i classici americani) è ”Dell’Impero Delle Tenebre”. Il primo e il più immediato dei dischi dell’ahimè defunto Teatro Degli Orrori. Gli IDLES condividono in parte lo stesso messaggio che la band di Capovilla ha trattato nei suoi album. Disuguaglianza sociale e di genere, guerra, male di vivere e il degrado di due nazioni che continuano a perdersi sempre più, giorno dopo giorno.
Le differenze (oltre a quelle di sound) fra le due band stanno a livello di testi Prima di tutto il cantato di Talbot è quanto di più semplice ed esplicativo ci possa essere, un altro pianeta rispetto all’amore di Pierpaolo Capovilla per la poesia e la retorica. Anche se il tipo di ”canto urlato” e il carisma sul palco è molto simile, innegabilmente un FUCK YOU in Cockney renda meglio l’idea.
Per gli amanti del Post-Punk possiamo paragonare gli IDLES al Teatro degli Orrori, ma con differenze stilistiche e testuali importantissime
Questa semplicità di espressione non è casuale e non è neanche frutto di una mancanza di competenza linguistica da parte di Joe Talbot e degli altri parolieri della band. È una precisa scelta stilistica e ideologica. Essere chiari permette di veicolare il messaggio dell’album a quante più persone possibili. L’altra differenza con la band post-punk italiana sta infatti nello scopo stesso di questa musica.
Se la rabbia espressa dal Teatro Degli Orrori era quella del vinto, malinconica e rassegnata, quella degli IDLES è una chiamata per chi lotta e un urlo affilato come un pugnale rivolto a fascisti, maschi alfa, capitalisti e razzisti. Basta analizzare i testi di Ne ”Touche Pas Moi”, un messaggio chiaro e coinciso per chi non rispetta gli spazi personali delle donne:
«This is a sawn-off / For the cat-callers / This is a pistol / For the wolf whistle / ‘Cause your body is your body / And it belongs to nobody but you»
Un altro testo che dimostra tutta la capacità del frontman di essere chiaro e allo stesso tempo profondamente incisivo e originale è quello del pezzo di apertura: ”War”. Dove Talbot gioca continuamente con dei suoni onomatopeici e delle balbuzie che il 90% della popolazione mondiale non sarebbe in grado di pronunciare correttamente:
«Wa-ching / That’s the sound of the sword going in / Clack-clack, clack-a-clang clang / That’s the sound of the gun going bang-bang / Tukka-tuk, tuk, tuk, tuk-tukka / That’s the sound of the drone button pusher»
Se a livello testuale e cantato ci troviamo davanti a un disco violento, che colpisce in pieno come un gancio in faccia, a livello musicale cambia ben poco. La band accompagna Talbot con un sound irruento e compatto. Pochi fronzoli, zero assoli e tanto punk, con passaggi che sfiorano quasi l’industrial, come in ”Carcinogenic”.
Se a livello testuale e cantato ci troviamo davanti a un disco violento, che colpisce in pieno come un gancio in faccia, a livello musicale cambia ben poco
Non è sicuramente una novità, Adam Devonshire e soci hanno trovato il loro originale e aggressivo modo di suonare sin dal primo album. Ma in ”Ultra Mono”sono riusciti a dare una forma affiatata, unica e solida al loro rock. Per quanto tutta la band sia potente come uno schiacciasassi una menzione speciale va comunque a Jon Beavis. Il batterista con cui vorrei suonare il basso elettrico: cattivo, pesante, precisissimo e veloce. Basta ascoltare l’ultimo brano di questo LP,I, per rendersi conto delle qualità di questo musicista.
In conclusione, possiamo dire che gli IDLES hanno affinato le loro ottime abilità compositive e organizzato il loro sound brutale e caotico facendo uscire quello che è a tutti gli effetti il loro migliore album. ”Ultra Mono” è un must have/must listen anche in versione fisica. Uno dei dischi più importanti del rock del 2020.