“Passeggeri” si apre con il brano “La caverna”, una chitarra slide che accompagna un pensiero su paure e libertà. Come per Platone, «Non sono gli occhi a vedere, ma noi a vedere attraverso gli occhi», anche per l’autore, dalle tenebre si può sempre arrivare alla luce. Ripercorrendo le tracce dall’inizio alla fine si arriva, infatti, dall’oscurità del primo brano, pregno del mito della caverna alla luce dell’ultimo, “Siddharta”, in cui viene sviscerato il percorso di Buddha, tra spiritualità e illuminazione.
Come canta Gappa nel brano omonimo “Passeggeri”: «Siamo tutti passeggeri, di questo treno senza classi, il nostro corpo come un taxi, di paure e desideri»
Dal blues al folk, alcuni suoni mi riportano alle “Blue Ridge Mountains” dei Fleet Foxes, lontano verso il Tennessee americano. Il disco è anticipato dal singolo “Chi Resiste”, un brano tradizionalmente cantautorale che ricorda la vera matrice di “Passeggeri”. Ma “Lucia” offre il passaggio dal classico al particolare grazie alla presenza nel brano del sarangi, uno strumento etnico ad arco, tipico della cultura indiana e popolare. Il cantautore modenese torna a scavare nei temi più personali, nei viaggi interiori e nella forza d’animo che si trova solo affondando.
Neanche questa volta l’autore si distanzia dalla vena cantautorale che si era già contraddistinta nel 2012, rendendolo coautore insieme a Cristian Grassilli e a Francesco Guccini, del brano “Notti”. “Psicantria” ha invece spostato l’attenzione verso un’inclinazione più terapeutica e educativa. Per concludere con “Passeggeri”, un percorso introspettivo a ritmi melodici oltre-oceanici. Come canta Gappa nel brano omonimo “Passeggeri”: «Siamo tutti passeggeri, di questo treno senza classi, il nostro corpo come un taxi, di paure e desideri».