È un ambient realistico e partecipato quello di “Effetto Manifesto” dei Minnie’s
La band di Porta Romana, oltre a dare una versione melodica del post-rock, con “Evviva Manifesto” si inserisce in una tradizione musicale che affonda le radici negli anni ’80. Hanno un debito pesante nei confronti del brit-rock degli Oasis. I brani sembrano dividersi in due parti, una dalle influenze sonore più suggestive, l’altra più coinvolgente dal punto di vista cantautorale, spostandosi anche dall’altra parte dell’Oceano per andare a pescare nel pop-punk, come in “Buoni a conoscersi” e “Il grande inverno europeo”. Impreziosendo da più di 20 anni il miglior underground milanese, i Minnie’s si fanno carico di sfumature sonore provenienti del nord Europa, come se l’essere più vicini alle Alpi li rendesse più propensi al contagio. Non trascurando, soprattutto, infiltrazioni psichedeliche.
Tra ultra-moderno e classico, l’indie dei Minnie’s risulta fresco e vivo
In quasi un’ora di rock melodico in stile Afterhours, i Minnie’s compongono per tutti gli spleen emotivi, ma soprattutto per tutte le sfumature di post-rock. “Cicale” è la più verdenosa, mentre il beat anni ’80 di “Che segreti hai” si incastra nel cervello in un loop ossessionante. Da “Breve” prende il nome l’album: “Evviva Manifesto” è l’esclamazione di entusiasmo in una lirica forte e struggente. I Minnie’s caricano la riflessività come fosse una molla, facendo esplodere spleen malinconici amplificati da un impasto di synth e percussioni elettroniche, a cura di Alessandro Mariano. Il settimo lavoro del quartetto milanese è leggiadro e decisamente al passo coi tempi. Con la straordinaria capacità di inserire in sonorità ultramoderne l’accortezza compositiva di cui troppo spesso la scena indie è carente.