Gli Officine Bukowski in una foto promozionale per "Il primo giorno d'inverno".
Gli Officine Bukowski in una foto promozionale per "Il primo giorno d'inverno".

L’alt rock degli OFFICINE BUKOWSKI e IL PRIMO GIORNO D’INVERNO (Album)

Officine Bukowski è senza dubbio un nome accattivante soprattutto per il pubblico di internet. Un nome che è insieme un’arma a doppio taglio per quel che si porta dietro, dividendo i suoi lettori in ammiratori e appassionati detrattori. Vengono in mente dissoluzione, pulsioni mescolate a fumo e alcool, crudo realismo. Poesia autentica oppure emozioni facili da vendere? Questa è la domanda che aleggia sulla figura di Charles Bukowski. E “Il primo giorno d’inverno”, primo lavoro degli Officine Bukowski prodotto dal team We are NEXT3, sicuramente dividerà gli ascoltatori proprio come lo scrittore che il loro nome cita.

“Anime” è il brano con cui si aprono le danze. È uno stranissimo impasto di arpeggi grunge, psichedelia e effetti etnici con cui Officine Bukowski rivelano una forte intenzione di sperimentare. Persino il trip hop emerge dai sussurri di Debora Chiera. È una traccia potente in pieno stile ambient che sicuramente ottiene l’effetto di incuriosire l’ascoltatore. Con “Chi è Viola” strizzano un occhio alla dance. Salvo poi deviare sul punk, grazie ai rulli sulla batteria di Walter Viola, fondatore e perno centrale di una band che fa del ritmo la sua arma più potente.

In “Giardino di tulipani” il basso di Carlo M. Fabbrini è sentimentalmente evocativo. Apprezzabili sono i bridge elettronici tra una strofa e l’altra, saldati a caldo con elementari riff di chitarra. Paolo de Feudis inaspettatamente li complica nel refrain. Ed è proprio qui che decollano davvero gli Officine Bukowski. Il ritmo di “Parlami ora” è piegato al rap in maniera decisa, pur permanendo una musicalizzazione tutta punk. Che svanisce totalmente in “Neve”, la traccia più pop dell’album. Poi arriva il momento della title track, “Il primo giorno d’inverno”.

Quello degli Officine Bukowski non è solo un inno al buio e al dolore, ma anche alla resilienza. “Il primo giorno d’inverno” è proprio come ti immagini l’alt rock in Italia.

Il trip hop di “Anime” è qui rielaborato in una spirale dance dai toni molto vintage. Sicuramente è in grado di colpire, ma non tutte le orecchie in modo completamente positivo. È come se venissero aperte le gabbie della commercialità. Fortuna che con “Renée” si rispolvera un grunge vecchio stile, in cui l’indie è cacciato con aggressività. Una linea confermata da “Sabbie mobili”, traccia corposa e danzereccia, in grado di regalare emozioni potenti in sede di live. Unico testo in cui riescono a uscire dalla crosta di simbolismo ermetico in cui sono rimasti chiusi. “Solo te” è la schizofrenia. Il ritornello pesantemente indie-pop è declinato in un consapevole alt rock in chiusura. Gli Officine Bukowski ci salutano con la decima traccia. “Zingara”. Il trip hop riemerge carsicamente dalla struttura ritmica. Dal giro di basso, infatti, si snoda il lucido controcanto rap alla partitura di Debora Chieri.

Nei testi non c’è spia di ironia evocativa. Si rintraccia, piuttosto, un’idealizzazione della vita di strada, delle emozioni forti e immediate. Quello degli Officine Bukowski non è solo un inno al buio e al dolore, ma anche alla resilienza. “Il primo giorno d’inverno” è proprio come ti immagini l’alt rock in Italia, necessariamente accompagnato da una dolce salsa pop. La voce di Debora Chieri è prodigiosa. Oscillando tra una vocalizzazione pop e una grunge, dimostra che si può essere esplosivi senza necessariamente graffiare. Alla fine non si possono non amare le sue chiuse vibranti, che si specchiano in quelle delle melodie. A penalizzare gli Officine Bukowski, però, è una certa frenesia espositiva, che li porta ad essere disordinati nello spiegarsi alle orecchie del pubblico. C’è tanta esperienza e tanto talento da tirar fuori. Serve solo un’identità più chiara.

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OFFICINE BUKOWSKI

IL PRIMO GIORNO D’INVERNO

16 novembre 2018

Alka Record Label

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