“L’altro Capo” è un EP di cinque canzoni in cui l’intensità del cantautorato italiano si condisce di un pop delicato e affatto scontato
Una gavetta e una produzione, quella del Levia, che certamente testimonia la necessità di valorizzare la musica come canale di comunicazione e di raccordo del pensiero. “L’altro Capo”, pubblicato il 5 Aprile per I Make Records è infatti un disco che può installare sottopelle l’urgenza degli appelli alla partecipazione. Una denuncia contro l’indifferenza. Il brano succitato è infatti gravido della potenza della poesia di cui si compone il disco. «Non mi pare di volare dolcemente sopra il mare ma su un mostro scuro senza carità assisto un altro sacrificio che decidono d’ufficio al ministero della disumanità.» Squisite le chitarre acustiche, dettano l’andare del ritmo sereno e delle gocce dolci al pianoforte. Eredi contemporanei di un cantautorato che ricorda la poetica di Samuele Bersani, i Levia hanno proposto un nuovo punto di vista.
“L’altro Capo” è tutto ciò che esiste tra un definibile ed opinabile “qui” ed uno sconosciuto e straniero “lì”. È un invito a considerare la diversità. Un’esclamazione che si dispiega nella musica come una lunga preghiera che non conosce condizionali. “L’altro Capo” è la realtà del manto “egoista e naturale” del Mediterraneo e del mare della vita. È uno spunto critico con cui poter ricominciare nell’allenamento che ci vuole quando è necessario un cambio prospettico. Che sia macro o microcosmico, “L’altro Capo” lo spazio che la voce e il pianoforte di Alfonso De Chiara, le chitarre di Fabio Raiola, il basso di Domenico Andria e la batteria di Rocco Sagaria hanno saputo pensare, incidere e ritagliare in mezzo al pericoloso e luccicante caos di questi nostri giorni strani.