“Il Primo Ritratto” è anche un disco che vuole cercare di miscelare lo stile cantabile della tradizione Indie italiana con i suoni sintetici dell’elettronica. Molti elementi, come lo sviluppo della metrica ed il significato profondamente ermetico dei testi, mi riportano alla mente il timbro dei Verdena. Ma questa volta il sound tipicamente post rock viene sostituito dallo stile emblematicamente ambient ed Idm dei Libet. Un altro elemento profondamente caratteristico è la particolare lavorazione della drum che dona al tutto una sorprendente fluidità. Ad esempio in “Dashi” la sezione ritmica che sembra apparentemente contrastante tende ad intrappolare l’ascoltatore in una dimensione ipnotizzante.
Tra cantautorato e musica elettronica, “Il Primo Ritratto” è l’album d’esordio dei Libet
La tematica costante del disco è quella della temporalità, la ricorrente impossibilità di mantenere la realtà aderente ai nostri schemi. “Il Primo Ritratto” non vuole solamente segnare il primo ingresso nel panorama musicale italiano. Come un’istantanea su pellicola, l’album dei Libet vuole essere lo scatto sulla loro creatività artistica, una parte del loro passato nella sua posa più naturale. Un prodotto sincero e profondo, anche se non perfettamente definito nei suoi particolari. Un’immagine rubata all’incessante corsa del tempo, raccontata come solo la musica sa fare. Questo ed altro è l’esordio del duo torinese. “Il Primo Ritratto” è disponibile sia in versione fisica che digitale, potete ascoltarlo subito su Bandcamp.