“Millennium – Quello che non uccide” si basa sul quarto capitolo omonimo della saga letteraria creata da Stieg Larsson, scritto da David Lagercrantz. Si tratta di un terzo recast, dopo l’acclamatissima trilogia cinematografica originale svedese, con Noomi Rapace, e il remake del primo capitolo made in Usa di David Fincher, con Rooney Mara e Daniel Craig. Qui ritroviamo la celebre hacker Lisbeth Salander, alle prese con un intrigo internazionale riguardante un software capace di accedere ai controlli di missili nucleari. Coinvolta in questa fitta rete di spie, organizzazioni governative e criminali, cercherà nuovamente l’aiuto del giornalista Mikael Blomkvist. Nel mentre, verrà a conoscenza di nuovi turpi fatti sulla sua famiglia, specialmente riguardanti la sorella Camilla Salander. Già dovendolo analizzare dalla sua matrice letteraria di partenza, con il passaggio da Larsson a Lagercrantz, questo capitolo non ha lo stesso intreccio entusiasmante della prima trilogia.
Álvarez sembra trovarsi in un territorio lontano dalla sua poetica in “Millenium – Quello che non uccide”.
I primi tre libri, oltre a delineare la figura sfuggente della sua protagonista, erano contraddistinti da sottotrame minuziosamente congegnate. Álvarez già in fase di trasposizione, sceglie la pratica del limare all’essenziale la storia di Lagercrantz fino all’osso, basandosi solamente sulla vicenda principale. “Questo film può essere visto senza conoscere la trilogia originale”, ha affermato il regista in conferenza stampa. Asserzione non del tutto plausibile, visto il modo sfuggente in cui vengono presentati i protagonisti del film. Lisbeth Salander appare come una moderna supereroina, che toglie agli uomini per dare alle donne, senza che ne venga data una spiegazione. Lo stesso vale per il giornalista Mikael Blomkvist, che oltre ad essere presentato ringiovanito di 20 anni, non ha per tutto il film un ruolo minimamente essenziale. Non ci troviamo di fronte uno sviluppo ulteriore dei due, né tantomeno delle loro dinamiche relazionali.
Álvarez precedentemente aveva dato due ottime prove nell’ambito horror. In “Millenium – Quello che non uccide” sembra trovarsi in un territorio lontano dalla sua poetica. “Ho cercato di contraddire quello che si vede sullo schermo. Inserendo elementi perturbanti nelle sequenze più ordinarie. Così da far sentire lo spettatore terrorizzato anche quando non dovrebbe esserlo”. Il processo di scrittura, ben strutturato nel precedente “Man in the Dark”, stona a fronte di una narrazione poco sensazionalistica e troppo sopra le righe. La colonna sonora di tensione è così ridondante in tutto il film che, più che turbare, ingombra. La storia essendo privata del suo intreccio originale, si ascrive alla scia del classico thriller, con risoluzione finale annessa. Tutto è prevedibile, niente è appassionante. Lisbeth si divincola per la città, usando delle capacità quasi al di sopra del consueto. Troppo per un personaggio che in realtà dovrebbe apparire “umana e con dei limiti”.
Con una trasposizione cinematografica recente molto valida, è consentito chiedersi: c’era proprio bisogno di “Millennium – Quello che non uccide”?
La Lisbeth di Noomi Raapace era dura e ferina, quella di Rooney Mara fredda e calcolatrice. Claire Foy, con il suo accento british e l’aspetto da girl next door, non convince nelle vesti della misteriosa hacker. Come del resto il resto del cast, eccessivamente lontano dall’appeal sgradevole creato da Larsson nella sua storia. L’eccessiva patina in pieno stile 007, non si sposa con un mondo dove vige la crudeltà. Anzi, rende il film a livello di un cinecomic in salsa noir.
Álvarez, purtroppo, dirige e scrive un nuovo capitolo di Millennium dimenticabile. Forse quanto anche il suo libro di riferimento. Le parole reebot, remake e sequel sono termini all’ordine del giorno. E di fronte a “Millennium – Quello che non uccide”, e con una trasposizione cinematografica recente molto valida, è consentito chiedersi: ce ne era proprio bisogno? Se lo stesso Fincher non ci riuscì, probabilmente la trilogia svedese può bastare per far vivere la Lisbeth Salander di Larsson sul grande schermo.