Una raccolta di undici inediti e “Una buona idea”, cover che rende onore all’estro poetico di Niccolò Fabi. L’omaggio al cantautore dà la cifra del genere in cui si incastona “Le Prigioni Della Mente”. Il timbro graffiato permette all’autore di dare un corpo più trasgressivo a testi che riposerebbero serenamente su un it-pop di buona qualità. Luca Ruzza non sa stare fermo nei limiti di quel genere che pur emerge dalle tracce, e da quest’ultimo lavoro emerge tutta la sua inquietudine.
Luca Ruzza apre la strada a episodi di psichedelia, veri apripista de “Le Prigioni della Mente”
Di certo le prime tracce sono più fresche, quasi punk. L’autore evoca spleen diversi giocando con le pieghe della composizione. Tratta i generi musicali come plastiche emotive da adattare al corpo del testo. Con l’elevarsi del gradiente di riflessività, Luca Ruzza deforma l’abito sonoro. Quello dell’autore campano potrebbe tranquillamente essere inquadrato nel Realismo, per cui a ogni concetto di “Le Prigioni della Mente” è abbinato uno stile consono.
“Fino alla fine”, “Seghe mentali”, ”Le cure dei Cure” e “Supereroe” sono pura evasione adolescenziale, ma anche polemica dissidente. Da “Solo” a “You can see me”, Luca Ruzza apre la strada a episodi di psichedelia, veri apripista de “Le Prigioni della Mente”. È come se dal passaggio dall’adolescenza alla maturità le idee che popolano la mente dell’uomo si adagiassero per lasciarsi esaminare dall’ascoltatore. Il rock cantautorale di Luca Ruzza si costruisce su un linguaggio intimo, il cui picco lo troviamo in “Il tuo mondo”, brano gonfio di amore e malinconia dedicato alla figlia. “Le Prigioni della Mente” è un disco che brilla di autenticità.