Moder, per fortuna, sceglie di non fermarsi alle solite quattro frasi stra-abusate e sceglie di andare oltre. “Ci sentiamo poi” sceglie di essere narrazione e lo fa nella maniera più diretta, rinunciando al superfluo e ai leitmotiv commerciali.
Questo disco per certi versi torna a quello era il rap delle origini. Un genere diretto, brutale a volte, ma con dei contenuti da portare alla luce. È bello trovare finalmente un disco che si distacca dalla massa e dalle sviolinate radiofoniche e che, soprattutto, si distacca dall’attitude da “bad boy” fatta di “sentito dire” e stereotipi.
“Ci sentiamo poi”, un disco che rinuncia al superfluo
Come dice lo stesso Moder, in tutto il disco sono riconoscibili influenze e citazioni disparate. Se parliamo di letteratura troviamo: Pasolini, Fante, Auster, Blake, Nietzsche. L’ispirazione al cantautorato con: Cohen, Conte, Filippo Gatti, Flavio Giurato. Poi ovviamente c’è il rap: J. Cole, Talib Kweli, Stormzy, Mac Miller.
Altra cosa a favore di “Ci sentiamo poi” è la scelta delle basi. Alcune sono scarne, brutali, come per dare spazio al racconto senza altre distrazioni. Altre invece sono più elaborate ma senza strafare; Moder mette il testo in primo piano e decide di abbandonare le melodie ammiccanti da Dj improvvisato.
Restando sempre sul sound del disco, Moder sceglie spesso di usare sonorità naturali. Tastiere, chitarre e ritmiche, tutto utilizzato col sound più “naturale” possibile. È interessante vedere come questo artista abbia deciso di cantare su basi meno sintetiche possibile, quasi come per sottolineare l’esigenza di una band, piuttosto che di un computer.
“Ci sentiamo poi”, 16 brani per Moder
“Ci sentiamo poi” è un disco diretto e soprattutto è un disco “generoso”. Moder decide di regalare ai fan ben 16 brani, roba assurda in un momento storico che predilige i singoli ai dischi interi. Ed è proprio in questi 16 brani che troviamo di tutto: la vita, i ricordi, l’odio e tutto quello che è venuto fuori dalla penna di questo artista coerente e originale.
Forse l’unica cosa che conta realmente in questo disco è la coerenza. Moder sceglie di essere se stesso, sceglie di essere naturale e autentico, rinunciando all’essere spudoratamente commerciale e banale.
Non è una cosa da poco, soprattutto in un genere che oggi sembra andare per la maggiora ma che, spesso, sforna duemila artisti tutti uguali e tutti banali. Moder merita di essere ascoltato, soprattutto per i veri amanti del genere che sono alla ricerca di un disco autentico che, forse, fa rimpiangere un po’ il rap di una volta.