Il giovane artista Palm Down in uno scatto promozionale
Il giovane artista Palm Down in uno scatto promozionale

PALM DOWN: “Non è solo un discorso di scrittura, ma di rapporto con il pubblico”

.Diamo il benvenuto all’artista romano Palm Down sulle pagine di Music.it. Iniziamo con la nostra domanda di rito, quindi ti chiedo di raccontarmi l’evento più assurdo che ti sia capitato durante una sessione live.

Ciao ragazzi, vi ringrazio per avermi dedicato il vostro tempo! Mi presento: mi chiamo Francesco Zappia, in musica Palm Down, ho 24 anni e vivo a Roma. Recentemente ho suonato vicino Macerata e durante il set si è avvicinato un ragazzo che aveva bevuto qualche birra di troppo. Questo ragazzo che assomigliava un po’ a Johnny Sins (noto porno-attore) solo che alto 1,50mt mi ha chiesto di cantare “My Heart Will Go On” di Célin Dion. Ho visto che i suoi amici ridevano e quindi ho pensato fosse divertente prenderlo in giro parlando al microfono, ironizzando su quanto fosse stata assurda la sua richiesta. Beh, quel mini Johnny Sins ha iniziato a dirmi di scendere dal palco perché voleva fare a cazzotti con me fuori dal locale. Poi fortunatamente i suoi amici lo hanno calmato offrendogli altre birre.

Quando e come nasce la tua passione per la musica e specialmente per la chitarra? Ricordi il momento esatto in cui l’hai suonata per la prima volta?

Ho iniziato a suonare la chitarra a 14 anni, anche se inizialmente volevo suonare la batteria. Mia madre poi mi ha convinto a prendere lezioni di chitarra dicendo: “Ma intorno al falò non puoi suonare la batteria, devi suonare la chitarra!”. E fu così che i falò cambiarono la mia vita. Ricordo che alle medie alcuni miei compagni di classe suonavo la chitarra durante l’ora di musica. In quel periodo iniziai a strimpellare le corde senza un preciso senso. Ricordo perfettamente che il primo riff che imparai fu quello iniziale di “Come As You Are” dei Nirvana. Ero circondato da amici che suonavano e che avevano band. Gli stessi mi hanno introdotto e fatto ascoltare i primi gruppi come i Green Day, blink-182 e Sum 41. Poco dopo ho iniziato a prendere lezioni di chitarra e un anno dopo abbiamo fondato con degli amici la nostra prima band.

Ascoltando i tuoi brani mi sembra di ritrovare somiglianze a livello di sound in artisti come Hozier o George Ezra, ma anche a gruppi della scena rock d’oltre oceano come ad esempio i Simple Plan. Sbaglio?

Vero! Per anni ho ascoltato band pop punk-punk rock, da quelle di successo internazionale, a quelle della scena underground di nicchia. Da quando suono da solo ho sentito il bisogno di spostare l’orecchio su altri fronti sia per scoprire musica nuova, che per trarne ispirazione. Ho iniziato ad ascoltare artisti come Damien Rice, Mumford and Sons, Bear’s Den, Frank Turner, Brian Fallon, Conor Oberst, City and Colour. A volte invece sposto l’attenzione anche su artisti più pop come Ed Sheeran, Passenger, Tegan and Sara, Adele e James Bay. Ascoltare molta musica aiuta l’auto-critica.

So che prima di intraprendere il progetto acustico da solista, militavi in una band, cosa ti da di più questo tipo di scrittura o di esibizione rispetto a quella in band?

Il fatto che non abbia vincoli. Non ho vincoli nello scrivere una struttura di una canzone, non ho vincoli nelle tematiche che voglio affrontare, nella durata di composizione, nello scegliere la setlist dei concerti. Secondo me non è solo di discorso di scrittura o esibizione, ma proprio di rapporto interpersonale con il pubblico. Fondamentalmente, se ti sto sulle palle come persona molto probabilmente di riflesso odierai la mia musica. Sono una persona molto naturale, poco costruita e non sono capace a dire bugie e credo il carattere di un musicista aiuti nell’apprezzare il musicista stesso e la sua musica. Io sono la stessa persona che suona sul palco e che dopo si prende una birra al banco del pub dove ho suonato. Non sono un narcisista o un accentratore e non voglio i riflettori puntati, Palm Down è solo una conseguenza di una esperienza vissuta male con la band.

Parliamo del perché hai scelto come nome d’arte proprio Palm Down. Spiega ai nostri lettori da dove viene, sempre che non sia un segreto!

È un nome che ho sognato. Forse perché al tempo ho ascoltato una canzone dei Touche Amore che si chiama “Palm Trees” e il mio cervello ha fatto qualche match strano col sonno. Poi pensandoci bene, Palm Down aveva molto senso. È il ‘palmo basso della mano’ e io sono stranamente affascinato dalla mani, dalla loro conformazione e credo che rispecchino in qualche modo la persona stessa. Basti pensare alla stretta di mano: mi infastidiscono le persone che hanno una stretta di mano leggera, quasi inesistente, al contrario ammiro le strette di mano decise e sicure. Mi innamoro molto più facilmente di donne che hanno delle mani curate, rispetto a quelle che si mangiano le unghie e poi incollano sopra quelle finte. (scusate, non so perché faccio questi ragionamenti ma li faccio) La mano è una componente anatomica molto particolare e ho deciso di dedicarle il nome del progetto.

Il primo album è fatto, stai già mettendo in cantiere nuovi brani oppure ti godi il meritato riposo dopo il lavoro fatto in studio?

Non appena ho finito di registrare le canzoni di “Unfamiliar Air in Familiar Places” in studio, ho iniziato senza volerlo a scrivere nuove canzoni e attualmente ne ho abbastanza da poter entrare nuovamente in studio e registrare un EP, cosa che però non farò. Per il prossimo anno voglio continuare a suonare in giro per l’Italia e in Europa e voglio promuovere al meglio le canzoni appena pubblicate. Nel frattempo continuo a scrivere idee e a registrare demo.

Domanda di rito: quale è la canzone che non vorresti mai aver scritto e quale quella che invece vorresti fosse tua?

Sono molto geloso e orgoglioso di tutto quello che scrivo, perché ogni canzone immortala un preciso momento della mia vita, però la meno quotata del disco è forse “Demons and Fever”, ma comunque la suono e mi diverte suonarla. Ho una lista di canzoni che vorrei aver scritto e al momento ti dico “Behold the Hurricane” dei The Horrible Crowes.

Un pronostico sul futuro di Palm Down da qui a cinque anni, dove ti vedi e dove vorresti vederti? Largo alla fantasia e hai sogni!

Vorrei sicuramente allargare la famiglia ed essere affiancato da una band, con la quale poter lavorare a nuovi dischi, suonare in palchi più grandi e proporre al pubblico un prodotto più completo rispetto al minimal chitarra & voce. Spero di trovare un’etichetta discografica con la quale lavorare per la promozione delle canzoni e degli album. Di essere affiancato da un’agenzia di booking che organizzi tour intensi e che tutto questo mi dia la possibilità di vivere di musica. Vorrei avere la possibilità di suonare come opener per gli artisti che ammiro e seguo da anni. Spero che Palm Down mi porti in giro per il mondo per scoprirlo e viverlo a 360 gradi. Non parlando di musica vorrei comprare un appartamento o, se proprio mi dite di sognare in grande, una casetta poco fuori città con una piscina, un giardino, un piccolo studio di registrazione, avere un cane e spero di trovare donna con la quale passare del tempo di qualità.

Ti ringrazio per la bella chiacchierata e ti lascio con quella che ormai per noi è una lavagna per gli artisti. Hai la facoltà di salutare i lettori, ringraziare, o fare quello che vuoi con le prossime righe! A presto.

Grazie a voi! Ho apprezzato molto le domande e mi ha divertito rispondere. Ai lettori dico di supportare la musica onesta e fatta con il cuore, di supportare gli artisti che voi riteniate validi indipendentemente dalla loto notorietà, di non farsi mai influenzare dall’opinione comune ma di farsene una propria. Andate ai concerti e non vivete di streaming, perché l’esperienza che da un live, non la darà mai una registrazione in studio.

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