Blame Zeus: “Seethe” può davvero essere considerato un concept album in quanto il tema principale di ogni canzone è la rabbia inespressa
La traccia che sta per tutte è “Bloodstained Hands”. Forse meno carica di “No”, risulta decisamente completa sotto il profilo della varietà stilistica. Queeniana e onnicomprensiva quanto la blasonata “Bohemian Rhapsody”. Solo che invece di giocare col classico, col gospel e col jazz, i Blame Zeus giocano con rimandi sonori ben lontani dall’elaborata tendenza al progressive che dilazionano nell’arco dell’album, come il grunge di “DéJà Vu”. Probabilmente è il power della voce di Sandra Oliveira che plasticamente riesce ad assecondare ogni tendenza compositiva. Persino in “The Warden”, la ballata di “Seethe”, lungi dall’essere un timbro cristallino, è carnale e vissuto.
Blame Zeus: Ogni traccia di “Seethe” parla di una situazione particolare in cui il silenzio diventa mezzo per un’azione liberatoria
“Seethe”, come i precedenti due album, mostra un forte nodo concettuale attorno al quale i Blame Zeus plasmano la loro musica. In “Theory of Perception” ci hanno introdotti in un universo in cui la spiritualità è vissuta in modo assolutamente non convenzionale. Nel 2014 rilasciavano il primo concept album. “Identity” era un inventario in cui hanno tematizzato la Bildung, la formazione del soggetto. Con “Seethe” sono rabbia e disperazione a parlare. Ma invece di tradurle in caos come Joker, portandosi dietro la filiera degli ultimi, i Blame Zeus la traspongono in musica. A differenza di Joker, incastrano diligentemente sonorità, le catalizzano in veri e propri dardi che liberano i protagonisti di ogni traccia, ma anche l’anima di chi ascolta il loro dolore.