Al primo ascolto sembrano un gruppo uscito da qualche sobborgo di Bombay, o una regione remota di Goa, oppure ancora dalla summer of love made in USA. E invece sono una band del frusinate con tanta voglia di recuperare un groove e delle sonorità che riecheggiano fra il solenne e lo scanzonato.
Lo stile di “Silver Needles” è di forte derivazione, strizza un po’ l’occhio alla psichedelia delle origini imbevuta di lontano Oriente
Non ci si accorge appieno della provenienza e del “modus operandi” dei Modern Stars fino alla traccia “Side By Side” che si apre con un’omelia del parroco di Sora contro i migranti. Proprio quel brano, posto quasi in coda a “Silver Needles”, ci catapulta indietro facendoci sbattere il muso sulla quotidianità dopo cinque canzoni di evasione lisergica. E questo aggettivo non è usato a sproposito, anzi.
Lo stile di “Silver Needles”, infatti, è di forte derivazione, strizza un po’ l’occhio alla psichedelia delle origini imbevuta di lontano Oriente. Il suono dei Modern Stars è caratterizzato dall’uso di strumenti classici della cultura indiana come il sarangi, mescolati con la chitarra elettrica in overdrive, cori gutturali e stralci di telegiornali. Non stiamo parlando di un’attualizzazione di Ravi Shankar, quanto di una base culturale forte su cui i Modern Stars hanno costruito il loro album d’esordio.
“Silver Needles” insomma è un’opera prima piena di riferimenti, richiami e rimandi, palleggia fra la musica orientale, la sua riscoperta in salsa Woodstock e una spruzzata di attualità. Un debutto discografico coraggioso e molto intelligente in cui nessun elemento è lasciato al caso, ma al contrario collabora al messaggio finale. C’è dimostrazione di conoscenza della musica (notevole la cover di “Hey Man”) senza sfociare nell’esibizionismo fine a sé stesso. In definitiva, un ottimo prodotto che non mancherà di stupire.