Fin dall’inizio il Grinch viene presentato come un personaggio dispettoso ma altamente digeribile, con cui è facile entrare in contatto.
La Illumination sembra aver trovato la formula per far breccia nel pubblico, in particolare quello infantile. Film di successo come “Minions”, “Cattivissimo Me” e “Pets” condividono alcuni elementi caratteristici, quali il frequente impiego di gag comiche e la presenza di personaggi buffi ma adorabili. I Minions sono il caso esemplare di questa strategia produttiva: dei mostriciattoli gialli e goffi che hanno letteralmente invaso il mercato. Ecco, anche il Grinch del monte Crumpit è stato sottoposto a questo procedimento, trasformandosi da mostro disgustoso a mostriciattolo adorabile. Nelle mani di Jim Carrey il Grinch era una creatura folle con un alito fetente e due occhi inquietantemente gialli. Un cattivo nel vero senso della parola. Nella nuova versione tutti questi tratti vengono massicciamente edulcorati.
Fin dall’inizio il Grinch viene presentato come un personaggio dispettoso ma altamente digeribile, con cui è facile entrare in contatto. Ma è qui che si perde tutto il fascino della trasposizione di Ron Howard. La conversione finale e il trionfo del bene funzionano molto meno se il cattivo non è mai stato cattivo. Così questa volta il conclusivo taglio del tacchino risulta più sdolcinato e meno efficace. E inoltre, diciamocelo chiaramente, il Grinch è un personaggio memorabile soprattutto perché fa sempre piacere un bastardo cinico per Natale. Quella di Illumination, dunque, appare una proposta semplificata che non aggiunge nulla al racconto originario del Dr. Seuss. Fatta eccezione per quel tocco commerciale alla “Minions” che permetterà al film di guadagnare una fortuna al botteghino.
“Il Grinch” è un film stretto, un’animazione apertamente per bambini, di cui forse neanche i bambini hanno bisogno.
Per quanto riguarda la trama non ci sono novità sostanziali. Il Grinch odia il Natale e brama di rubare i doni e gli addobbi a tutta la cittadina di Chinonsò. Durante l’elaborazione del piano malefico lo assiste il fedele cane Max e un nuovo personaggio: una renna grassa. Entrambi gli aiutanti sembrano usciti direttamente da “Pets” e sono disegnati come dei vezzeggiativi viventi. Il film, infatti, è popolato da animaletti vari e in quest’ottica anche il Grinch diventa -ino, -etto e -uccio. Ai piedi del monte Crumpit troviamo invece Cindy Lou, che questa volta è cresciuta da una madre single sommersa dal lavoro. La sua intenzione è quella di catturare Babbo Natale e chiedergli di alleviare le fatiche della mamma.
La Illumination ha realizzato anche prodotti validi, ma la sua estetica è eccessivamente legata ai presunti bisogni del pubblico infantile. Come se poi i bambini avessero una reale esigenza di narrazioni elementari e personaggi idioti. Lo stereotipo che vede i bambini come una classe di decerebrati è lo stesso che per decenni ha liquidato l’animazione come un genere adatto solamente ai più piccoli. Come ha scritto J.R.R Tolkien nel suo saggio “Sulle Fiabe”: “è meglio per loro leggere cose che vadano oltre la loro capacità, piuttosto che cose al di sotto di essa. I loro libri, come i loro abiti, dovrebbero permettere la crescita, e in ogni caso i loro libri dovrebbero incoraggiarla”. Tolkien desiderava un’arte non consolatoria, capace di mettere in difficoltà qualsiasi tipo di pubblico. Se la Pixar si è mostrata capace di realizzare un proposito di questo genere, non si può dire lo stesso per la Illumination. “Il Grinch” è un film stretto, un’animazione apertamente per bambini, di cui forse neanche i bambini hanno bisogno.