Un'immagine promozionale del film evento interattivo "Bandersnatch" della serie "Black Mirror".
Un'immagine promozionale del film evento interattivo "Bandersnatch" della serie "Black Mirror".

La serie BLACK MIRROR diventa interattiva con il nuovo film BANDERSNATCH

Netflix ha voluto donarci il suo ultimo omaggio annuale, rilasciando il nuovo film/episodio di “Black Mirror”: “Bandersnatch”. La serie tv britannica, ideata e prodotta da Charlie Brooker, nel giro di pochissimi anni è divenuta un vero e proprio cult. In forma antologica, i differenti episodi raccontati in “Black Mirror”, hanno in comune il rapporto tra essere umano, tecnologia e nuovi media. Che si tratti di dispositivi in grado di farci rivivere i nostri ricordi, o sistemi di controllo parentale, l’epilogo non è sempre dei migliori. “Black Mirror” ha segnato un nuovo modo di fare fantascienza, fatto di microtecnologia e scenari simil-contemporanei, lontani dalle rappresentazioni futuristiche e dispotiche passate. Tanto che molti prodotti cinematografici hollywoodiani recenti, sembrano essersi rifatti alla celebre serie. Come “Dowsizing” di Alexander Payne e “The Circle” di James Ponsoldt, per citarne alcuni. La peculiarità di “Bandersnatch”, però, risiede nel suo essere un film interattivo.

“Black Mirror” ha segnato un nuovo modo di fare fantascienza, fatto di microtecnologia e scenari simil-contemporanei.

Rifacendosi alla struttura dei librogame anni ’80, nel corso della narrazione noi spettatori veniamo posti di fronte a diverse possibilità che vanno a incidere sull’andamento della trama. Spesso si trattano di vicoli ciechi, o di semplici scelte riguardo quale tipo di cereali deve mangiare il protagonista a colazione o quale vinile comprare. Altre volte, ci troviamo davanti a veri e propri bivi esistenziali. La storia è ambientata nell’estate del 1984, dove il giovane programmatore Stefan Butler sta progettando un videogioco interattivo basato proprio su “Bandersnatch”, un librogame dalla genesi maledetta. Stefan è un ragazzo affetto da problemi psichici, vive con il pedante padre ed è in cura dalla dottoressa Haynes. Per sviluppare al meglio il suo videogioco si propone alla società Tuckersoft, la numero uno nel settore, dove lavora Colin Ritman, celebre autore dei migliori videogiochi a 8 bit del mercato.

In base alle nostre scelte, il film può avere una durata variabile dai 90 minuti alle due ore e mezza, presentando diversi finali e altrettanti possibili andamenti narrativi. A poche ore dal suo rilascio, si è assistito sui social e sui vari siti e blog a una vera e propria faida su chi per primo annotava la poca originalità del prodotto. Dopotutto “Bandersnatch” sembrerebbe celebrare quell’immensa schiera di prodotti audiovisivi risalenti al macrosettore del mind-game film. Un genere ampiamente studiato nell’ambito accademico cinematografico da fine anni ’90, dove l’idea di partenza è di film che giochi con la mente dello spettatore. Che si tratti di narrazioni complesse con diverse temporalità, o con cui vengono presentate realtà filtrate da soggetti affetti da disturbi psicotici, lo spettatore si trova davanti un intreccio da dover sgarbugliare.

Usando l’espediente dell’interattività, con “Bandersnatch” Netflix ci mette in una condizione presumibilmente privilegiata.

“Bandersnatch” lavora appunto sia sulle varie possibilità narrative, quanto sulla impossibilitata capacità di comprendere su quale piano di realtà ci troviamo. Sia che si tratti della realtà oggettiva della narrazione o degli squilibri mentali di Stefan. Ma mettendo da parte la questione, in prima istanza “Bandersnatch” mette in discussione l’esperienza collettiva spettatoriale. La stessa che siamo abituati a fare in sala, e che proprio una piattaforma digitale come Netflix sembra volere uccidere. Anche se infine non abbiamo completamente in mano l’andamento della trama, ma veniamo spesso guidati, “Bandesnatch” prevede una fruizione singola, simile a quella del gamer, basata sulla individuale presa di posizione dello spettatore. Netflix, quindi, celebra se stessa. E a dispetto dei vari veti posti ai Festival e dagli esercenti, rilascia un prodotto che deve essere esperito nella stesso modo di cui è ontologicamente strutturata.

Usando l’espediente dell’interattività, con “Bandersnatch” Netflix ci mette in una condizione presumibilmente privilegiata. E lo fa giocando continuamente con vari riferimenti metatestuali nel corso della narrazione inerenti l’universo di “Black Mirror”, il librogame, la condizione spettatoriale e la piattaforma di streaming stessa. Un struttura ramificata e complessa, capace di cogliere diversi spunti riflessivi quanti gli andamenti narrativi. Siamo veramente liberi di scegliere? Forse sì o forse no, questo è il quesito principale del film e di tutta la riflessione dietro a una serie come “Black Mirror”. Dopotutto “Bandersnatch” rappresenta un prototipo della strada che potrebbe prendere la nuova spettatorialità. Sempre più individualista, più specifica per il singolo, in cui oltre a scegliere cosa guardare nei modi e nei tempi prestabiliti, si avranno in mano le sorti della storia.

“Bandersbatch” non ci lascia del tutto libertà di manovra, come esplicita lo stesso Stefan parlando del suo videogioco.

“Bandersbatch” non ci lascia del tutto libertà di manovra, come esplicita lo stesso Stefan parlando del suo videogioco. Qui risiede la sua non totale sovversività e originalità. E molto probabilmente il piacere nel lasciarci defluire liberamente dagli avvenimenti dati dalla storia e dalle immagini, non smetterà mai di affascinarci. Come d’altronde la reale libertà di optare per un film a narrazione interattiva o classica. La questione dell’interattività, probabilmente, andrà costituire una strada parallela alla classica fruizione, più che un’esclusività. Quello che infine appare di un prodotto come “Bandersnatch”, è sì una sua innovazione tanto strutturale quanto narrativa, ma anche una piccola provocazione fatta da Netflix a estimatori e detrattori.

Ai primi ricorda di non trovarsi in una situazione di vantaggio, ai secondi mostra le sue probabili e temute possibilità di sviluppo. “Bandersnatch”, quindi, si propone come un’operazione interessante, ben congegnata, capace di creare nuovi dibattiti. Ma lontana da essere considerata lo spartiacque per futuri scenari “apocalittici” sul cinema. Resta comunque un esperimento altamente divertente.

https://youtu.be/UmS4W5BS0OU

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