Il duo emiliano LeFragole in uno scatto promozionale.
Il duo emiliano LeFragole in uno scatto promozionale.

LEFRAGOLE: “La musica è un po’ come una donna che ti illude, è un rapporto ambivalente”

LeFragole benvenuti su Music.it! Iniziamo subito questa intervista con un vostro ricordo: raccontate ai lettori il più imbarazzante aneddoto successo durante il vostro percorso musicale!

Bè, possiamo contare tanti momenti imbarazzanti di cui andiamo orgogliosi!
Tra tutti, forse vale la pena citare un festival musical a cui abbiamo partecipato. Stavamo suonando in un chiostro nel primo pomeriggio (quindi non la fascia oraria più popolata) mentre c’erano altri artisti più famosi che si esibivano poco distanti… Ci siamo ritrovati sul palco a cantare per venti minuti senza nessuno – letteralmente – in platea, ma abbiamo continuato guardando il muro che avevamo di fronte, ci ascoltavano solo i tecnici. L’abbiamo presa con filosofia, salutando a fine concerto l’edificio davanti a noi: «Grazie a tutti! Siete stati la parete migliore che abbiamo avuto!».

La domanda nasce spontanea: perché LeFragole e di chi è stata l’idea di questo progetto?

Il nostro primo album (anzi, in realtà una trilogia, visto che esistono i vol. 1-2-3) si intitola “La piccola enciclopedia del bosco”, quindi i brani erano come frutti da cercare, perdendosi dentro sé stessi per un’introspezione personale, senza però mai prendersi troppo sul serio.
C’è anche un richiamo alla musica anni ’60 (“Strawberry Fields Forever”) …e poi speriamo che una nostra canzone tiri l’altra!

Quali sono gli artisti che hanno orientato e suggestionato maggiormente la vostra musica?

Abbiamo un background diverso e complementare: Marco è cresciuto ascoltando soprattutto The Beatles e Lucio Battisti, le cui influenze si sentono nelle sue melodie, mentre Carlo Alberto ha consumato gli album di cantautori italiani contemporanei come Cesare Cremonini, Max Gazzè, Jovanotti e Max Pezzali.

«Non perdere la rotta del sogno che custodisci dentro» cantate nel vostro nuovo singolo “Mascherina”. Un brano che infonde speranza e, nonostante tutto, fa uscire un sorriso. Che ruolo ha la musica nella vostra vita?

La musica è un po’ come una donna che ti illude, è un rapporto ambivalente, a volte ti fa incazzare ma poi ogni volta ti fa di nuovo innamorare. Di certo è il nostro modo per esprimerci, quindi cerchiamo di scoprire sempre nuovi modi per fare colpo su di lei!

Quali sono state le fasi di scrittura di questo brano? Chi ha scritto la musica e chi le parole?

È stato un brano nato a distanza durante la quarantena, anche se a distanza ridotta visto che tra le nostre case ci separano qualche centinaia di metri. Non volevamo fare l’ennesima canzone sul Coronavirus, ma abbiamo immaginato come sarebbero mutati i rapporti interpersonali e sentimentali una volta tornati in libertà. La mascherina che limita il contagio purtroppo è anche una barriera che ostacola la nostra comunicazione, verbale e non (un sorriso, un bacio); abbiamo quindi provato a riflettere su queste nuove modalità di interazione a cui dovremo abituarci nei prossimi mesi. Carlo Alberto ha avuto l’idea e ha trovato qualche immagine, poche frasi, che ha inviato a Marco come suggestione per comporre l’intero brano.

Parliamo di progetti futuri: cosa dobbiamo aspettarci dopo questo singolo? Come stupirete il vostro pubblico?

Questo singolo in realtà è un fuori programma, scaturito ovviamente dalla pandemia, che ha in qualche modo sostituito il lancio del nostro nuovo album; doveva uscire proprio a maggio, il mese delle fragole, ma c’è stato un inevitabile stop. Si intitolerà “Le strade”, perché il filo conduttore di tutti i brani è l’incontro, le relazioni che si intraprendono nella vita. Le strade a volte uniscono, a volte dividono, altre ancora ti mettono di fronte a percorsi imprevisti… Avevamo già deciso e concluso tutto a inizio 2020, ma riascoltando i vari brani in questo momento ci sembrano avere un messaggio ancora più potente, dopo aver condiviso quest’esperienza che ci ha costretto a stare per mesi lontani dalle persone care e dalla possibilità di fare nuovi incontri.

Come vedete il futuro della musica dal vivo in Italia nei prossimi mesi?

Inevitabilmente subirà un brusco rallentamento, perché lo spettacolo dal vivo si basa proprio sull’incontro, sulla possibilità di stare fianco a fianco assieme a persone che risuonano all’unisono, saltando o anche solo facendo ondeggiare la testa allo stesso ritmo. Per un po’ sarà necessario fermare i grandi live, purtroppo la pandemia colpisce maggiormente i grandi assembramenti… è come se noi fossimo un’azienda di servizi su Internet e arrivasse una grande tempesta elettromagnetica in grado di disattivare tutti i dispositivi elettronici per mesi.

Giusta osservazione!

Però anche durante la reclusione le persone hanno seguito dirette di musicisti e altri artisti, fortunatamente la fame di musica e di storie non si è spenta. Noi aspettiamo il momento in cui potremo tornare a suonare, magari in una piazza di un festival buskers pieno di pubblico colorato che finalmente può tornare a fare festa. Nel frattempo però ci stiamo inventando qualche altro modo per raggiungere il nostro pubblico, tra serenate sotto il balcone e concerti a passeggio per la città, LeFragole non hanno intenzione di fermarsi!

LeFragole siamo giunti al momento dei saluti. Vi ringraziamo per il tempo passato insieme, ora il finale spetta a voi: salutate i lettori con una citazione o una frase tratta dalle vostre canzoni! Ciao e a presto!

Vi salutiamo con una strofa dal nostro brano “Sono un cantautore”, che in questo periodo assume un nuovo significato e speriamo rappresenti una speranza per i mesi a venire:

«I locali non ci sono più
Le cover band non suonano più
I cantautori muoiono
speriamo che rinascano
…finché in cantina ci sarà la luce accesa e musica
qualcuno lì si incontrerà e vivrà».

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